La filosofia è morta, solo i fisici spiegano il cosmo

by Editore | 6 Aprile 2011 6:34

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Questo libro si propone di dare le risposte che sono suggerite dalle scoperte e dai progressi teorici recenti. Tali risposte ci conducono a una nuova concezione dell’universo e del nostro posto in esso, assai diversa da quella tradizionale, e diversa anche da quella che avremmo potuto delineare soltanto un decennio o due fa. Eppure la nuova concezione aveva cominciato a prendere forma embrionale quasi un secolo addietro. Secondo la concezione tradizionale dell’universo, i corpi si muovono su traiettorie ben determinate e hanno storie definite, cosicché è possibile specificare la loro esatta posizione in ogni istante del tempo. Sebbene tale descrizione sia abbastanza soddisfacente ai fini della vita quotidiana, negli anni ’20 si scoprì che questa immagine “classica” non era in grado di rendere conto del comportamento apparentemente bizzarro osservato sulle scale delle entità  atomiche e subatomiche. Era invece necessario adottare un diverso quadro concettuale, chiamato fisica quantistica. Le teorie quantistiche si sono dimostrate straordinariamente precise nel predire gli eventi su tali scale, e al contempo capaci di riprodurre le predizioni delle vecchie teorie classiche quando venivano applicate al mondo macroscopico della vita quotidiana. Eppure la fisica classica e quella quantistica sono basate su concezioni assai diverse della realtà . Le teorie quantistiche possono essere formulate in molti modi differenti, ma la descrizione probabilmente più intuitiva fu proposta da Richard Feynman (detto Dick), una personalità  brillante che lavorava al California Institute of Technology e suonava i bongos in un locale di spogliarelli dei dintorni. Secondo Feynman, un sistema non ha una sola storia, ma ogni storia possibile. Più avanti, nella nostra ricerca delle risposte, spiegheremo nei particolari l’impostazione di Feynman, e ce ne serviremo per analizzare l’idea che l’universo stesso non abbia un’unica storia, e neppure un’esistenza indipendente. Questa sembra un’idea radicale, anche a parecchi fisici. In effetti, come molti concetti della scienza attuale, pare essere in conflitto con il senso comune. Ma il senso comune è basato sull’esperienza di tutti i giorni, non sull’universo quale ci si rivela mediante meraviglie della tecnologia come quelle che ci consentono di spingere lo sguardo fin nel cuore dell’atomo o a ritroso nell’universo primordiale. Fino all’avvento della fisica moderna era opinione comune che il mondo potesse essere interamente conosciuto tramite l’osservazione diretta, che le cose sono ciò che sembrano, così come vengono percepite mediante i nostri sensi. Viceversa, lo spettacolare successo della fisica moderna, basata su concetti che, come quello di Feynman, sono in contrasto con l’esperienza quotidiana, ha dimostrato che le cose non stanno così. La concezione ingenua della realtà , pertanto, non è compatibile con la fisica moderna. Per affrontare tali paradossi adotteremo un’impostazione che chiameremo realismo dipendente dai modelli. Questa impostazione si basa sull’idea che il nostro cervello interpreti l’informazione proveniente dagli organi sensoriali costruendo un modello del mondo. Quando un simile modello riesce a spiegare gli eventi, tendiamo ad attribuire a esso e agli elementi e ai concetti che lo costituiscono la qualità  della realtà  o della verità  assoluta. Ma possono esserci modi diversi per creare un modello della medesima situazione fisica, e ciascuno di essi potrà  utilizzare elementi e concetti fondamentali differenti. (…) Nel corso della storia della scienza si è scoperta una serie di teorie o modelli sempre migliori, dalla concezione di Platone alla teoria classica di Newton, fino alle moderne teorie quantistiche. È naturale chiedersi: questa sequenza alla fine avrà  un punto di arrivo, porterà  a una teoria definitiva dell’universo che includa tutte le forze e predica ogni osservazione che è possibile fare, oppure continueremo per sempre a scoprire teorie di efficacia crescente, senza però mai approdare a una che non possa essere ulteriormente migliorata? (…) oggi disponiamo di una candidata al ruolo di teoria ultima del tutto, ammesso che ne esista effettivamente una, e questa candidata è chiamata teoria M. (…) La teoria M non è una teoria nel senso consueto. È un’intera famiglia di teorie diverse, ciascuna delle quali è una buona descrizione delle osservazioni soltanto entro una certa gamma di situazioni fisiche. È un po’ come accade nel caso delle carte geografiche. Come si sa, non è possibile rappresentare l’intera superficie terrestre in un’unica carta. L’usuale proiezione di Mercatore, utilizzata per i planisferi, fa sembrare sempre più grandi le aree man mano che si va verso nord o verso sud e non copre le regioni dei poli. Per rappresentare fedelmente tutta la Terra si deve ricorrere a una serie di carte geografiche, ciascuna delle quali copre una regione limitata. Le varie carte si sovrappongono parzialmente tra loro, e dove ciò accade mostrano lo stesso paesaggio. La teoria M è in qualche modo analoga. Le varie teorie che formano questa famiglia possono sembrare molto diverse, ma possono essere considerate tutte come aspetti della medesima teoria fondamentale. Sono versioni della teoria applicabili solo in ambiti limitati: per esempio, quando certe grandezze, come l’energia, sono piccole. Come accade per le carte che si sovrappongono, così dove gli ambiti di validità  delle varie versioni si sovrappongono, queste predicono i medesimi fenomeni. Ma proprio come non c’è nessuna carta piana che sia una buona rappresentazione dell’intera superficie terrestre, così non c’è nessuna teoria che da sola sia una buona rappresentazione delle osservazioni in tutte le situazioni. Vedremo come la teoria M possa offrire soluzioni alla questione della creazione. Secondo questa teoria, il nostro non è l’unico universo. Anzi, la teoria predice che un gran numero di universi sia stato creato dal nulla. La loro creazione non richiede l’intervento di un essere soprannaturale o di un dio, in quanto questi molteplici universi derivano in modo naturale dalla legge fisica: sono una predizione della scienza. Ciascun universo ha molte storie possibili e molti stati possibili in tempi successivi, cioè in tempi come il presente, assai lontani dalla loro creazione. Gran parte di tali stati saranno radicalmente differenti dall’universo che osserviamo e soltanto pochissimi di essi consentirebbero l’esistenza di creature come noi. Pertanto la nostra presenza seleziona da questo immenso assortimento soltanto quegli universi che sono compatibili con la nostra esistenza. Sebbene siamo minuscoli e insignificanti sulla scala del cosmo, ciò fa di noi in un certo senso i signori della creazione. Per comprendere l’universo al livello più profondo, dobbiamo sapere non soltanto come esso si comporta, ma anche perché. Perché c’è qualcosa invece di nulla? Perché esistiamo? Perché questo particolare insieme di leggi e non qualche altro? Questo è l’interrogativo fondamentale sulla vita, l’universo e il tutto. © 2010 by Stephen Hawking and Leonard Mlodinow Original art copyright © 2010 by Peter Bollinger © 2011 Arnoldo Mondadori Editore S. p. A., Milano Per gentile concessione Luigi Bernabò Associates srl

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