Kosovo, il nostro cuore di tenebra

by Editore | 26 Aprile 2011 6:00

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Anticipiamo parte della prefazione di Saviano a Piccola guerra perfetta di Elvira Dones (Einaudi Stile libero)
Impari, subito dopo aver letto queste pagine, che non esiste una guerra raccontata davvero se non ascolti ciò che raccontano le donne che l’hanno vissuta. Piccola guerra perfetta, lo splendido romanzo della scrittrice Elvira Dones, albanese che vive negli Stati Uniti e scrive in italiano, sua lingua d’adozione, è un piccolo libro che trattiene tutto l’orrore che può scatenarsi dal Vaso di Pandora di una comunità  andata in frantumi. Una comunità  dove l’altro, il tuo prossimo, prima vicino e contiguo, per l’intervento di una politica folle è ormai diventato il Nemico, il Male. Questo piccolo romanzo intreccia con originalità  e sapienza i due fili narrativi – l’assedio e il ritorno – che nutrono la letteratura, dai tempi di Omero. Piccola guerra perfetta racconta lo strano assedio di tre giovani donne asserragliate in casa, senza cibo né acqua calda, fino quasi alla follia, nella propria città  ormai in mano a un feroce nemico. E racconta, allo stesso tempo, il tentativo forse impossibile di due fratellini di fuggire dalla deportazione e dalla più infame delle costrizioni, verso una nuova casa, una nuova possibile patria.
Piccola guerra perfetta è un libro che mi sono portato dietro per un lungo tempo. Nello zaino, nella tasca del cappotto, nella sacca del sedile dell’auto della mia scorta, sempre gonfia di carte. Racconta per la prima volta che oggi, nel nostro dannato oggi, nell’Occidente considerato democratico e con diritti universali compiuti, la morte, la fuga, il ritorno forse impossibile alla propria comunità  dispersa, non sono esperienze aliene e fantastiche ma possibilità  reali. Perché sono accadute, nel cuore dell’Europa, dopo una lunghissima pace. Elvira Dones ci dice che la guerra non è altrove ma può invece essere qui, a un soffio dalle cose più familiari e credute sicure. E può esserci ogni volta che una comunità  si disintegra nei suoi elementi costitutivi, che prima erano parte di un tutto e di colpo si trovano l’un contro l’altro, minacciosi, e si riconoscono tra loro solo come nemici. Un romanzo naturalmente non è una profezia. Sta a noi, sta a chi legge, trattenere la sua verità .
La città  del romanzo di Elvira Dones è Pristina, un’ombra sulla carta geografica, capitale del Kosovo, dove un tempo vivevano insieme kosovari albanesi, in maggioranza musulmani, e serbi. Pristina nel 1999 fu teatro di una guerra che, pur così vicina nel tempo e geograficamente, non occupa più da molto i nostri discorsi. Fu teatro di una guerra spaventosa, ma quale guerra non lo è; e quanti di noi sapevano davvero, per esempio, di Bengasi, prima che i giornali scrivessero di quelle donne uccise dai cecchini mentre, dai balconi, cercavano di dare acqua agli insorti contro il regime libico?
Chiariamolo subito, non c’è alcuna simpatia in Piccola guerra perfetta per i combattenti filo-albanesi, che si opposero alla schiacciante supremazia militare serba e alla pulizia etnica di MiloÅ¡evic. Nel romanzo la violenza spira sulle vittime come vento impetuoso e il tono prevalente è la pietas verso chi della violenza è vittima, non una facile indignazione. Ma chi leggerà , troverà  – nel modo proprio di un romanzo, ovvero nelle vicende dei personaggi – illuminanti passaggi su come anche un normale cittadino, un seguace nonviolento del vecchio leader Ibrahim Rugova, potesse finire nella realtà  storica avvicinandosi alle formazioni armate (a volte guidate da veterani della guerra bosniaca) dei separatisti albanesi dell’Uà§k (Esercito di liberazione del Kosovo). E senza farsi troppe domande sulla provenienza dei finanziamenti dell’Uà§k. Senza chiedersi se non fosse stato l’Uà§k a iniziare le ostilità  in Kosovo, con il terrorismo antiserbo. Non se lo chiede affatto il marito di Ajkana, coraggiosa ginecologa all’ospedale di Gjakova, portato via dai miliziani serbi per aver messo a disposizione dell’Uà§k una casa, in cambio della promessa che l’avrebbero usata «solo di notte».
Furono in molti a non farsi domande, ma Elvira Dones non ci racconta solo la storia di chi si schierò, di chi prese le armi, ma anche e soprattutto quella di chi tutto questo lo ha subito, cercando in situazioni estreme di non perdere la propria umanità .
Fino all’attacco Nato, la guerra dal cielo, ci fu una prima fase della guerra del Kosovo, dal 1996 al 1999, durante la quale le forze di sicurezza di MiloÅ¡evic condussero una repressione e una pulizia etnica talmente feroce da provocare una politica di dissuasione da parte Nato contro la Serbia. Tale politica ottenne alla fine un successo formale con l’avvio dei Negoziati di Rambouillet, mai ratificati però dall’Uà§k. I negoziati si erano conclusi con il riconoscimento dell’autonomia del Kosovo, ma non della sua indipendenza piena. Né MiloÅ¡evic accettò mai quella che definiva un’indipendenza mascherata da autonomia. Ecco così, nel 1999, quando inizia il romanzo, l’Alleanza atlantica scatenare il fuoco dal cielo sulla Serbia, con i caccia Nato – compresi i Tornado italiani – che si alzano in volo dall’aeroporto di Aviano. Fu la piccola guerra perfetta, che naturalmente non fu mai né piccola né perfetta. Si contarono alla fine tredicimila civili albanesi uccisi. Ventimila donne subirono stupri e violenze di ogni genere ad opera dei militari e soprattutto delle milizie serbe. Un milione di kosovari albanesi si rifugiarono nella stremata Albania per scampare al genocidio.
Piccola guerra perfetta racconta tutto quello che abbiamo dimenticato, ma anche tutto quello che forse non abbiamo mai saputo. Piccola guerra perfetta è una storia di donne perché loro è il punto di vista, sottilmente costruito, attraverso cui osserviamo ciò che l’autrice ha deciso di mostrarci. E quel che vediamo ci affascina. Rea e Nita sono due donne assediate. Si avventurano rischiando la vita per andare a casa di Besa, dove c’è un telefono intestato a un serbo e perciò ancora attivo. E da lì telefonano al mondo, e lanciano l’allarme su ciò che sta accadendo sotto i loro occhi. E da lì possono pensare a quanto sia disumanizzante ciò che stanno vivendo. Non potersi lavare, vivere d’improvviso in un tempo che mai si sarebbe pensato potesse tornare. E tutto si azzera, anche quell’ideologia della sottomissione, per cui una donna dei Balcani deve sempre e comunque, anche da amica, anche da sorella, occuparsi dell’uomo, badare a lui. In quella situazione alterata, in quel contesto disumano, l’uomo e la donna trovano nel loro rapporto una modernità  che nella consuetudine era impensabile.
Piccola guerra perfetta è una storia di donne: sono le donne albanesi oggetto di inaudita violenza le protagoniste, e questo è il loro romanzo. Il loro, ma in nome di ogni donna e di ogni uomo, di ogni vittima e di ogni sofferenza, al di là  di ogni terrena giustizia.
© 2011 by Published by Arrangement with Roberto Santachiara Literary Agency

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