In atomo veritas, Silvio confessa il bluff
Finalmente «svelata la truffa », tutta l’opposizione in coro, le associazioni ambientaliste e il comitato anti- atomo «Vota sì per fermare il nucleare », chiedono alla Corte di Cassazione di non annullare il quesito referendario. «Se il piano nucleare governativo rimane valido, lo stesso vale anche per il referendum», affermano Pd e Idv. È stato nel corso della conferenza stampa congiunta tenuta a Villa Madama dopo il vertice bilaterale italo-francese, che il Cavaliere, evidentemente troppo concentrato sul suo ospite, ilpresidente Nicolas Sarkozy, e sui nuovi delicati equilibri politici appena raggiunti, senza alcuna remora ha risposto così alla domandadiun giornalista: «Siamo assolutamente convinti che l’energia nucleare sia il futuro per tutto il mondo. Ma dopo Fukushima e secondo i sondaggi che siamo soliti fare, l’opinione pubblica non era più serena. La gente è contraria, se fossimo andati oggi al referendum il nucleare in Italia non sarebbe stato possibile permolti anni». Quindi, spiega Berlusconi che evita di menzionare gli altri due quesiti referendari tra cui quello che maggiormente teme, sul «legittimo impedimento», «il governo responsabilmente ha ritenuto di proporre questa moratoria, per far sì che si chiarisca la situazione in Giappone e per far sì chemagari dopo un anno, dopo due anni, si possa ritornare ad avere un’opinione pubblica consapevole della necessità di ritornare al nucleare». Il paternalismo fa parte del copione, necessario al potere carismatico. Perciò il premier rassicura gli inconsapevoli italiani: «Il nucleare è sicurissimo:mi risulta che in Francia quando bisogna costruire una nuova centrale le comunità entrano in competizione per accaparrarsela, perché significa sviluppo e posti di lavoro». Ma soprattutto rassicura il presidente francese, molto allarmato dai varchi che la concorrenza nippoamericana della Westinghouse apre ogni giorno di più anche all’interno del governo italiano. «I tanti contratti stipulati con la Francia – spiega Berlusconi – nonvengono abrogati e stiamo decidendo come mandare avanti alcuni settori di questi contratti, per esempio quello della formazione». Poi, è lo stesso Sarkozy a sponsorizzare le centrali francesi che «sono sicurissime: se abbiamo perso qualche appalto è proprio perché costano più delle altre per i loro altissimi livelli di sicurezza. Rispettiamo la vostra decisione, ma se l’Italia deciderà di cambiare idea sappia che nella Francia troverà un partner accogliente». Uno spot pubblicitario, quello di Sarkozy, che in realtà molti giudicano «ingannevole».Non gode infatti di buona salute l’Epr della francese Edf, enormi reattori da 1600Mwancoramai realizzati, la III generazione avanzata destinata anche all’Italia. «È un fatto – racconta Giuseppe Onufrio, direttore di Greenpeace Italia e uno dei portavoce del comitato referendario contro il nucleare – che la Constellation, il partner americano dell’Edf, a ottobre scorso ha rotto le trattative nel consorzio Unistar che avrebbe dovuto costruire nelMaryland, a Calvert Cliffs, un Epr già entrato nella short-list governativa per ottenere la copertura economica statale. Ed è di pochi giorni fa la notizia che dunque senza partner americani l’Edf non potrà accedere ai fondi Usa». Spiega Onufrio che il motivo del ripensamento sta proprio nell’elevato costo della tecnologia Edf, «ma soprattutto nei sistemi di automazione dell’emergenza che non sono mai stati autorizzati dall’Agenzia di sicurezza americana». In altre parole, la credibilità del progetto fa acqua da tutte le parti tanto che «all’indomani della rottura delle trattative, c’è stata un’impennata delle azioni della Constellation ». Insomma, per Onufrio il nucleare «è una tecnologia in declino come dimostra il fatto che il suo peso sulla produzione di elettricità globale è sceso dal 17,5% del 1999 al 13% del 2009. E d’altra parte per chiudere i reattori alla data stabilita da progetto, secondo l’ultimo rapporto mondiale Nuclear status report, dal 2015 al 2025 si dovrebbe sostituire un reattore ogni 19 giorni. E allora, chi deve decidere su una strada che vincola il Paese per decenni se non per secoli? I governi o i cittadini?», chiede Onufrio. La risposta, ovunque, sarebbe scontata.
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