Immigrazione, vince la linea francese
ROMA – Passa la linea voluta da Parigi: frontiere chiuse quando ci sono emergenze migratorie in corso, come accade oggi a Lampedusa e nel Mediterraneo. Il vertice italo-francese di ieri ha sancito un’intesa sulla necessità di rivedere al più presto le regole di Schengen. Il governo italiano fa marcia indietro sulla possibilità di condividere il carico dei flussi migratori con i paesi vicini e si associa invece alla richiesta di un’interpretazione più restrittiva della libera circolazione nello spazio Ue. Una convergenza messa per iscritto nel messaggio comune che Nicolas Sarkozy e Silvio Berlusconi hanno inviato a Herman Van Rompuy, presidente del Consiglio Europeo e a José Manuel Barroso, presidente della Commissione europea. La governance di Schengen va ripensata, hanno detto i due leader. «Nessuno di noi vuole negare Schengen, ma in condizioni eccezionali crediamo possano esserci variazioni», ha spiegato Berlusconi. È stato il vertice della pace, dopo mesi di accuse reciproche. Raramente un summit bilaterale era stato così carico di tensioni. L’incontro tra i due leader è stato addirittura anticipato rispetto al calendario previsto, nel tentativo di appianare i conflitti sui vari dossier. Ma il bilancio della giornata di ieri si è chiuso in positivo soprattutto per la Francia. Dall’immigrazione alla Libia, l’Italia ha seguito la strada tracciata dall’Eliseo. Berlusconi è stato anche costretto ad ammettere che il carico di immigrati che pesa sull’Italia è relativo. L’accoglienza di immigrati Oltralpe, ha spiegato, «è cinque volte superiore a quella dell’Italia. La Francia ogni anno accoglie 50 mila migranti. Noi invece abbiamo una media di 10 mila. Di questo siamo consapevoli e da parte nostra non c’è nessuna volontà di accusare la Francia di inadempienze». Una smentita implicita delle critiche pronunciate nelle settimane scorse contro i francesi dagli esponenti della Lega Nord. L’imperativo per Palazzo Chigi era ricucire lo strappo. Le coincidenze non hanno aiutato. Mentre Sarkozy arrivava a Roma, il gruppo Lactalis annunciava l’Opa su Parmalat. Anche in questo caso, il premier ha voluto smussare i toni. «Crediamo entrambi nel libero mercato. Lavoreremo insieme per trovare un’intesa», ha annunciato Berlusconi, frenando sulle velleità nazionaliste del ministro dell’Economia, Giulio Tremonti. L’unica vittoria che l’Italia ha incassato è stata sull’appoggio alla candidatura del governatore di Bankitalia, Mario Draghi, per la presidenza della Bce. Sull’immigrazione il governo italiano si è rassegnato a non pretendere più il “burden sharing”, la condivisione dei migranti tra partner europei, una richiesta che l’aveva fortemente isolata nell’Ue. «Nulla sarebbe più miope, meschino e perdente del ripiegamento su se stesso di ciascuno dei paesi membri dell’Unione europea» aveva commentato ieri il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. La proposta di revisione di Schengen ora passerà al vaglio degli altri partner europei. «Andiamo nella stessa direzione», ha commentato un portavoce della Commissione Ue in serata. Non si tratterà di una “rivoluzione” del Trattato entrato in vigore nel lontano 1995, ma di una “chiarificazione” su alcuni punti. L’obiettivo di Italia e Francia è ottenere un consenso attorno alla riforma per il Consiglio europeo del 24 giugno. Già il 4 maggio il commissario agli Affari Interni, Cecilia Malmstrom, presenterà un pacchetto di misure. «La situazione migratoria nel Mediterraneo – scrivono Berlusconi e Sarkozy – potrebbe rapidamente trasformarsi in una vera e propria crisi in grado di minare la fiducia che i nostri concittadini ripongono nella libera circolazione all’interno dello spazio Schengen». La lettera contiene anche diverse proposte sul rafforzamento di Frontex, l’agenzia per il controllo delle frontiere esterne dell’Ue, e la richiesta di maggiori aiuti verso i paesi di provenienza dei migranti. «Rafforzare l’agenzia Frontex costituisce un imperativo prioritario» aggiungono Sarkozy e Berlusconi. Almeno su questo punto, l’Italia avrà tutto da guadagnare.
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