Il G20: “Più spazio nell’Fmi se la Cina rivaluterà  lo yuan”

by Editore | 1 Aprile 2011 6:47

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 PECHINO – Nuove regole per il sistema valutario mondiale e riforma del Fondo monetario internazionale. Le parole d’ordine di ministri finanziari e banchieri centrali del G20, riuniti a Nanchino sotto la presidenze di turno francese, sono risuonate per la prima volta in una Cina che resta sul banco degli imputati per la sottovalutazione dello yuan. Vertice non operativo e nessuna decisione assunta. Ma il valore della moneta cinese, ufficialmente non all’ordine del giorno, ha monopolizzato l’attenzione e riscatenato il duello tra potenze in crescita ed economie in declino. La ripresa globale stenta, minata dallo tsunami giapponese e dal debito dell’eurozona, e la flessibilità  dei cambi è la condizione indispensabile per superare le tensioni indotte da quelle che il segretario al Tesoro Usa, Tim Geithner, definisce «pericolose asimmetrie delle politiche valutarie». Di qui l’offerta a Pechino: ingresso dello yuan nel paniere Fmi, in cambio di una flessibilità  reale che porti alla rivalutazione. I diritti speciali di prelievo, moneta virtuale dell’Fmi, continuano ad essere calcolati sul valore medio di dollaro, euro, sterlina e yen. Il presidente francese Sarkozy, come Geithner, ha proposto di includere lo yuan nel paniere Fmi, modificando lo status del Fondo per ampliare le sue capacità  di vigilanza. «I mercati mostrano che la volatilità  delle valute – è stato l’allarme di Sarkozy – è tuttora fonte di gravi instabilità . O ognuno va per la propria strada, con il rischio di far esplodere una guerra delle valute, oppure si imbocca la via della cooperazione e del coordinamento tra nazioni». Gli ha fatto eco Geithner, che senza nominare la Cina si è appellato a «politiche flessibili dei tassi di cambio e controllo sui flussi dei capitale in modo da assorbire lo shock di ripetute tensioni». Messaggio esplicito che Pechino, decisa a proteggere la competitività  del proprio export, non si è limitata ad incassare. Il vicepremier economico, Wang Qishan, ha assicurato i partner internazionali che la Cina «collaborerà  per un sistema monetario più equilibrato», ma è tornato ad accusare l’Occidente di essere «la causa originaria» di una crisi «che non si risolve tentando di arrestare la crescita cinese». In pressing per uno yuan più flessibile anche il presidente della Banca Centrale europea, Jean-Claude Trichet, e il direttore dell’Fmi, Dominique Strauss-Kahn. Il primo ha avvertito che per vedere uno yuan nel paniere Fmi occorrono prima «piena convertibilità  e cambio pienamente flessibile». Il secondo è tornato a lanciare l’allarme per «tensioni che, se non risolte, possono minacciare globalizzazione e prosperità ». Quattro, per Strauss-Kahn, i nodi dell’instabilità : assenza di meccanismi di aggiustamento condivisi per affrontare gli squilibri, volatilità  dei flussi di capitale transfrontalieri, accesso non sicuro alla liquidità  globale e domanda di asset sicuri superiore all’offerta. La ricetta contro inflazione e protezionismo è ampliare l’uso internazionale ad altre valute, ma a Nanchino l’acqua della doccia cinese è rimasta fredda. «Non esiste un collegamento tra la piena convertibilità  dello yuan e la sua inclusione nel paniere Fmi – ha detto il vicegovernatore della banca centrale Yi Gang – e la riforma del sistema deve essere graduale per minimizzare l’impatto negativo sulle riserve valutarie cinesi». Pechino è il primo creditore di dollaro, euro e yen, e teme di perdere la leva del suo investimento. Di qui la contro-proposta cinese: «Rafforzare il ruolo dei diritti speciali di prelievo includendo yuan e altre valute, ma senza svalutare dollaro ed euro». Accordo dunque su riforme e regole nuove, ma ancora dissenso sulla ricetta anti-crisi. Da Nachino, Sarkozy è quindi volato a Tokyo, primo leader in Giappone dopo l’emergenza radioattiva a Fukushima. Incontro con il premier Naoto Kan e due annunci: il prossimo G20 discuterà  di nuovi standard internazionali sulla sicurezza nucleare, mentre il mondo, per tagliare le emissioni di CO2, non può prescindere dall’energia atomica.

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