Il cortocircuito tra media e giustizia
Tale è, appunto, lo strabismo giudiziario da cui sembra affetta la maggioranza di governo, attenta da un lato a ciò che accade o può accadere al presidente del Consiglio nelle aule di tribunale e dall’altro alla gestione mediatica delle vicende che lo riguardano, al limite della manipolazione dei fatti e delle circostanze. E così si spiega anche la palese contraddizione di uno schieramento parlamentare che alla Camera sostiene la “prescrizione breve” e contemporaneamente al Senato il “processo lungo”, allungato cioè da una lista di testimoni illimitata, in entrambi i casi per tutelare tatticamente la posizione personale del premier. C’è, insomma, un’evidente divaricazione tra quello che il centrodestra “predica” (qualche volta anche bene) sulla riforma della giustizia e come “razzola” (quasi sempre male) sul medesimo terreno. I messaggi mediatici vanno in una direzione, le scelte e le azioni concrete in quella opposta. Tanto da autorizzare il sospetto o magari la convinzione che in realtà l’unico vero obiettivo sia semplicemente quello di imporre una giustizia su misura, ritagliata sulle esigenze giudiziarie di Silvio Berlusconi. Fino al punto di legalizzare – per così dire – l’illegalità , in forza della “dittatura della maggioranza”. Chi può negare che una riforma della giustizia è necessaria e urgente? Lo stesso centrodestra lo dice dal 1994, con risultati praticamente nulli. Tutto dipende da chi la fa e come. Serve senz’altro una riforma per i cittadini e non solo per i potenti. Una riforma della giustizia penale, ma ancor prima di quella civile, amministrativa e del lavoro. Una giustizia rapida e tempestiva, corroborata dalla certezza della pena. Quella vagheggiata dall’attuale maggioranza di governo appare invece più che altro un regolamento di conti con la magistratura. Una riforma congegnata per punire l’ordine giudiziario, mortificare la sua autonomia, sottometterlo al potere politico e subordinarlo in particolare all’esecutivo, liquidando definitivamente quella separazione dei poteri concepita da Montesquieu su cui si fonda lo Stato di diritto. Una riforma del genere si dovrebbe elaborare insieme ai magistrati, attraverso un confronto. Magari con la partecipazione degli altri operatori giudiziari, avvocati, cancellieri, agenti di polizia. E comunque, non si può realizzare deliberatamente contro l’intera magistratura. Ma tant’è. La campagna del centrodestra sulla giustizia ha assunto ormai i toni di una campagna promozionale, pubblicitaria, commerciale. A colpi di slogan e di spot. Allora scatta il cortocircuito mediatico che “fulmina” la capacità di comprensione della gente, l’analisi critica, la possibilità di distinguere ciò che è giusto da ciò che non lo è. Non a caso il vice-presidente del Consiglio superiore della magistratura, Michele Vietti, a proposito del “processo breve” ha parlato nei giorni scorsi di “pubblicità ingannevole”: vale a dire disonesta, non veritiera, scorretta, secondo la definizione dello stesso Codice di autodisciplina pubblicitaria. E il peggio è che le cosiddette leggi “ad personam”, oltre a favorire il presidente del Consiglio, in realtà finiscono per andare “contra populum”. Danneggiano cioè tutti i cittadini onesti e anche quelli che potrebbero costituirsi parte civile, per chiedere eventualmente il risarcimento di un danno provocato da un reato, se è vero – come sostiene il Csm – che ora rischiano di saltare 15 mila processi per truffa, corruzione e perfino omicidio. La giustizia italiana è troppo lenta? Certo, lo sappiamo benissimo. Ma è tutta e solo colpa dei magistrati? Anche loro hanno senz’altro una parte di responsabilità . E tuttavia, per poter applicare rimedi efficaci, non sarebbe meglio individuare preventivamente le cause e quindi cercare di rimuoverle? Investire risorse, adeguare gli organici, potenziare i mezzi e gli strumenti d’indagine? Prima di introdurre la prescrizione o il processo breve, cerchiamo di far funzionare meglio e più rapidamente la macchina giudiziaria.
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