Il Cavaliere striglia il “Pdl patologico” ma è guerra tra i colonnelli

by Editore | 17 Aprile 2011 7:31

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ROMA – Silvio Berlusconi le chiama «patologie». Nel suo intervento fiume all’Eur non ne ha solo per magistrati e sinistra, ma anche per il partito. Un segnale forte a ministri, colonnelli e fazioni tutte interne al Pdl ormai in guerra. Basta, dice il premier: «Dobbiamo togliere tutti gli elementi negativi», afferma di fronte ai nuovi adepti di Michela Vittoria Brambilla. Per continuare a vincere, aggiunge, «abbiamo bisogno di nuove forze e di entusiasmo». Insomma, il Cavaliere per stoppare le lotte (nemmeno più) sotterranee ancora una volta si appella a quello spirito del ‘94 che fu di Forza Italia e che da tempo lamenta essersi perduto nel Pdl. Non a caso aggiunge che «chi si occupa delle cose di Roma è lontano da quello che accade in periferia, ma un partito vero deve radicarsi sul territorio». Dunque basta arroccarsi al potere: «Vogliamo spalancare la porta a chi vuole impegnarsi per migliorare il Paese». Il nuovo è la creatura affidata alla Brambilla, a metà  tra Tea Party e sindacato, con mille sedi in tutta Italia: “Il Pdl al servizio dei cittadini”. Entusiasmo contro potere. «Chi entra in un partito con entusiasmo con il tempo, appena acquisisce un po’ di potere locale, guarda con sospetto gli altri». È questo che sta accadendo anche nel Pdl. Hanno lasciato il segno le cene degli ultimi giorni tra ministri e le guerre tra ex azzurri ed ex An (fazioni a loro volta non omogenee). E la tregua fino alle amministrative sancita all’hotel Valadier non deve avere rassicurato più di tanto il premier. Il fedelissimo Osvaldo Napoli conferma «la tendenza a costituirsi in oligarchia». Il pensiero di Berlusconi è interpretato anche dalla fidata Santanchè, «è il momento di lavorare tutti insieme per le elezioni». Poi però aggiunge: «Squadra che vince non si cambia». È qui che un fedelissimo del premier spiega che se il centrodestra vincerà  la tornata elettorale il premier si intesterà  il trionfo. Se dovesse andare male a Milano e Napoli, invece, «scaricherà  tutto sul partito, accelerando il suo cambiamento con il coordinatore unico e l’azzeramento delle quote tra azzurri e An». E la tentazione che il Cavaliere ha esternato privati è proprio quella di «anticipare il congresso» che aveva genericamente promesso entro il 2012. Un passo deciso verso il repulisti interno. Chi il Pdl lo vuole cambiare davvero è invece Beppe Pisanu. Attaccato dal centrodestra per aver proposto con Veltroni «un governo di decantazione», il presidente dell’Antimafia risponde così alla domanda di uno studente. «Cosa ci faccio nel Pdl? Cerco di cambiarlo, finché ci rimarrò». Il senatore ricorda Socrate che accetta la condanna a morte perché «giusta o sbagliata, quella era la legge». Poi un richiamo alle norme ad personam ancora più chiaro: «La legge deve essere uguale per tutti e la sua violazione da parte di un rappresentante dello Stato è molto più grave in quanto ciò che viene consentito al semplice cittadino può non esserlo per lui». Non a caso aggiunge che «moralità  pubblica e privata coincidono». Vedi Arcore, Rubygate e bunga bunga. Insomma, per Pisanu «senza limiti all’esercizio del potere non vi è democrazia ma assolutismo e arbitrio».

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