by Editore | 3 Aprile 2011 7:17
ROMA – Profilo basso, dopo la tempesta. Le opposizioni invocano in coro il ritorno alle urne. Il Quirinale vigila con preoccupazione su uno scenario da conflitto istituzionale permanente. Il premier Berlusconi si dice «sereno» e richiama semmai la sua maggioranza, rea di aver ceduto alle «provocazioni». Quindi garantisce sui numeri, a suo dire destinati ad aumentare ancora: «Presto saremo 330 alla Camera e porteremo a termine la legislatura». Messaggio rassicurante ai suoi, ma anche risposta implicita agli avvertimenti del Colle. E plauso ai “responsabili”, premiati con l’appellativo di «vero terzo polo», in barba a Fini e Casini. Il presidente del Consiglio lascia Roma in mattinata alla volta della Sardegna. Blitz mattutino a Villa Certosa prima di rientrare a Milano. Attenzione al dossier Libia, con telefonata al premier inglese Cameron, contatti con Maroni, per l’emergenza Lampedusa ancora irrisolta. Ma lo show consuma a metà giornata con la telefonata alla convention catanese dei “Responsabili” di Domenico Scilipoti. Il deputato siciliano annuncia in brodo di giuggiole l’intervento di Berlusconi, al quale fa ascoltare il gingle del movimento. Il Cavaliere coglie l’assist: «Complimenti per la sigla, la proporrò tra le canzoni del Bunga bunga». Risate in sala. Poi il discorso si fa serio. Berlusconi si dice convinto di vincere le prossime amministrative. E dopo quanto successo in questi giorni – taglia corto alludendo agli autogol alla Camera – «anche in Parlamento troveremo il modo di andare avanti». Ma per farlo, sarà necessario che la maggioranza ignori «le menzogne e le offese» degli avversari: «Bisogna pensare esclusivamente a votare e approvare i nostri disegni di legge». Poche chiacchiere, niente tatticismi, testa bassa a pigiare sul bottone, è il diktat. I numeri ci sono, ripete, e questo «finalmente ci consente di realizzare il nostro programma»: riforma della giustizia, istituzionale e fiscale. Tutto ciò che finora non è stato possibile realizzare per colpa di «Fini e dei suoi, statalisti e giustizialisti, che si erano sempre messi di traverso e addirittura si erano alleati con le frange politicizzate della magistratura». In serata, con Roberto Calderoli, arriva anche l’impegno della Lega sul prosieguo della legislatura: «Se ci sono i numeri si va avanti per fare le riforme». Il Pdl lavora già a pieni giri sulle amministrative, nelle prossime settimane un volume sul lavoro del governo sarà distribuito alle famiglie, la Brambilla pianifica una manifestazione di inizio campagna da tenere a Roma forse il 16 aprile. Ma non tutto fila liscio. Gli strappi minacciati dagli scajoliani, le tensioni tra ex forzisti e ex-an dopo il “vaffa” di La Russa, hanno lasciato il segno. Il sottosegretario Andrea Augello suggerisce di superare il «Pdl nato in provetta» con una «federazione dei movimenti del centrodestra: la fusione a freddo non ha funzionato, Berlusconi è al tramonto, Fini ha abbandonato, il partito va rinnovato». Levata di scudi dai dirigenti. «L’errore più grave sarebbe la divisione» avverte il capogruppo alla Camera Cicchitto, «No a logiche scissioniste» aggiunge il suo vice Corsaro. La tensione resta.
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