Il banchiere che sapeva come amare l’arte

by Editore | 1 Aprile 2011 6:21

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 Johann Frederick Stà¤del – di cui l’istituzione di Francoforte porta ancora oggi il nome – ha amato, fino alla fine dei suoi giorni aprire la sua grande, sontuosa casa agli altri, visitatori, viaggiatori, curiosi, per accompagnarli in una passeggiata in cui raccontava senso e vicissitudini dei dipinti che aveva raccolto, con il tempo e con largo dispendio di risorse. Alla sua morte, nel 1816, Stà¤del lascia alla città  il suo patrimonio, la collezione, la sua stessa dimora e un milione di fiorini. Sensibile all’arte come nessun altro, così dicono di lui i contemporanei, compie una scelta di puro mecenatismo, in linea con certi principi illuministici ben radicati in una città  laica e ricca, prende insomma una decisione che imprime un verso definitivo alle sorti del museo. Lo Stà¤del manterrà  sempre dei tratti di “avanguardia” impressi in un tempo in cui erano del tutto inediti. È una storia che, a ripercorrerla, apre lo scenario su una Germania capace di una religione della cultura ma anche di dare valore ai propri artisti oltre che di aprirsi alla ricerca internazionale e contemporanea. Felix Krà¤mer, curatore della mostra romana “Cento capolavori dallo Stà¤del Museum di Francoforte. Impressionismo, Espressionismo, Avanguardia”, ripercorre nel suo saggio in catalogo le tappe decisive della formazione della raccolta del celebre museo che oggi annovera ben 100 mila opere, dal Trecento alla modernità . Primo storico direttore del museo fu Philipp Veit, integralista cattolico convocato a Francoforte da Roma: come deciso da Stà¤del, le scelte nella fondazione venivano prese in assoluta libertà . Per questo vennero designati cinque amministratori, scelti tra la cittadinanza locale e incaricati poi di seguire la politica degli acquisti, incentrando la collezione su lavori di pittura tedesca, olandese, fiamminga com’era nel gusto del tempo. Con la sua scuola, la biblioteca e le collezioni, lo Stà¤del era il cuore della vita culturale di Francoforte ed era il primo centro culturale borghese in Germania tanto che presto fu necessario trasferirlo in un edificio più ampio alle porte della città . È il 1840 quando la direzione passa a Johann David Passavant: grazie a lui comincia la catalogazione scientifica delle opere e la strutturazione sistematica delle opere, prosegue la politica di acquisizione, entrano nel museo i primi contemporanei, come Gustave Courbet. Da allora in avanti, almeno un terzo delle opere del museo proviene da donazioni, a indicare il legame tra i cittadini e l’istituzione-museo. Gli anni difficili fra le due guerre vedono alla guida dello Stà¤del Georg Swarzenki che apre alla Francia (non senza violenti dibattiti in città ) acquisendo opere di Renoir, Manet, Monet, Corot… Per accogliere l’arte contemporanea viene istituita una nuova ala del museo che sarà  ultimata soltanto dopo la Seconda Guerra mondiale quando, anche in memoria di tanta “arte degenerata” perduta col fascismo, si acquisiscono dipinti come il ritratto di Fernand Olivier di Picasso.

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