by Editore | 9 Aprile 2011 7:01
Nel dettaglio, a fronte del potere d’acquisto – cioè del reddito al netto dell’inflazione – diminuito dello 0,6 per cento, la spesa per consumi è salita del 2,5 per cento ed ha eroso l’aumento di quasi un punto (0,9 per cento) del reddito lordo. Francesco Daveri, economista dell’università di Parma, osserva tuttavia che «il dato positivo è che gli italiani non hanno rinunciato nel 2010 ai loro consumi; questo ha fatto diminuire i loro risparmi ma è un sintomo di fiducia nel futuro». Nella fase più acuta della recessione, poco dopo il fallimento di Lehman Brothers, tra gli ultimi mesi del 2008 e i primi del 2009 «i consumi diminuirono addirittura più del reddito. Gli italiani erano pessimisti, in quei mesi», ricorda l’economista di Lavoce.Info. Quell’anno il potere d’acquisto delle famiglie precipitò del 3,1 per cento. Nell’ultimo trimestre del 2010 c’è stata un’apparente inversione di tendenza. La crescita del reddito disponibile rispetto al trimestre precedente (+1,4 per cento) è stata superiore a quella registrata dalla spesa per consumi (+0,8 per cento). Una boccata d’ossigeno per i risparmi. Ma a livello tendenziale, nel confronto con il trimestre equivalente del 2009, l’aumento della spesa (+2,9 per cento)è rimasta più elevata di quella del reddito (+2 per cento). Il problema, in questi ultimi mesi, è che i primi segnali di schiarita sul fronte economico si stanno accompagnando a un’accelerazione dei prezzi causata dalle rivolte nel Maghreb e nel Medio Oriente e dalla crisi nucleare giapponese. In sostanza, la ripresa è troppo lenta rispetto all’alzata di testa dell’inflazione. Ieri, a conferma della tendenza in atto, il prezzo della benzina ha toccato un nuovo record con picchi, ad alcune pompe, di 1,584 euro al litro. Daveri è quindi meno ottimista per l’anno in corso: «alla stagnazione si sta sommando l’inflazione». L’anno in corso «potrebbe rivelarsi più difficile, per le famiglie. Sia per l’aumento dei prezzi sia per l’incremento dei tassi di interesse deciso giovedì dalla Bce che farà ovviamente aumentare i mutui. Ma bisogna anche considerare che il mercato del lavoro non si sta ancora riprendendo e non consente dunque ai consumi di migliorare. Non da ultimo le riforme fiscali promesse dal governo che potrebbero dare sollievo ai portafogli dei contribuenti, tardano ad arrivare». Il ministro del Welfare Sacconi ha commentato i dati facendo notare che «si tratta ancora una volta, in un contesto che è stato e rimane difficile per molte famiglie italiane, di leggere la tendenza positiva al miglioramento anche allo scopo di alimentare ulteriormente quelle aspettative che sono sempre elemento importante della crescita economica».Da Danilo Barbi, segretario confederale della Cgil, è arrivata un’interpretazione diversa: «Si conferma la gravità dell’impatto della crisi sulla vita della stragrande maggioranza degli italiani e a pochissimo vale il dato che il reddito nominale è aumentato». Sulle famiglie, sostiene invece la Cisl, «sono necessarie sia misure congiunturali, compensando ad esempio gli effetti economici negativi generati dal continuo rincaro dei prezzi dei carburanti, sia riforme più strutturali, come quella fiscale, la cui istruttoria va accelerata per abbreviarne i tempi di realizzazione». Ma ieri l’Istat ha reso noto anche che le società non finanziarie stentano a risollevarsi dalle secche della recessione: l’anno scorso hanno messo a segno una quota di profitto al 41,5 per cento. Un dato che ci proietta nel passato di oltre un decennio, che ci colloca sotto ai livelli degli ultimi anni ‘90.
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