Gli Shabab non fanno più paura

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Tramonta così definitivamente l’ipotesi, più che di mediazione di sponsorizzazione di un cessate il fuoco che sembrava voler garantire uno status quo, sul quale si era arrampicato in prima battuta il governo Berlusconi. Tramonta anche l’inconfessabile tentazione, in alcuni ambienti, di favorire l’esilio di Gheddafi in cambio dell’ascesa al potere del figlio Seif. Ipotesi decisamente respinta dagli insorti. Un mutamento di posizione, quello italiano, che induce il ministro degli Esteri a mettere in conto come estrema ratio, così come avevano già  fatto altri governi, anche la possibilità  di fornire armi all’esercito della nuova Libia. È un passo che rivela come le riserve sulla natura del Consiglio nazionale transitorio di Bengasi siano superate. Uno dei timori che hanno indotto l’Italia a frenare sul riconoscimento riguardava infatti il “chi sono” i ribelli?”. Inizialmente Roma ha dato credito all’ipotesi, coincidente con quella strumentale di Gheddafi, che tra essi vi fossero uomini di Al Qaeda decisi a fondare un emirato a Derna. Un’ipotesi che non ha trovato fondamento, anche se tra gli insorti possono esserci combattenti decisi a eliminare il “regime empio” del raìs libico, ma certo non hanno peso preponderante. Gli uomini di Bengasi sono intellettuali, diplomatici o ex membri di primo piano del regime, come il leader del Consiglio provvisorio Mustafa Abdul Jalil, membri della confraternita Senussi, giovani esasperati dalla mancanza di libertà . Oltre che membri di tribù della Cirenaica svantaggiate, in un paese che guarda all’appartenenza tribale come elemento primario di fedeltà , nella redistribuzione del potere. È una sorta di Cnl in versione libica quello di Bengasi, come tutti i fronti di liberazione non certo omogeneo, cui tutti i paesi della coalizione, non solo l’Italia, devono affidarsi. Scelta che si nutre del flusso d’informazioni dal terreno, sul quale sono presenti da tempo gli uomini dei servizi di informazione occidentale, italiani compresi. Difficile che i loro rapporti siano stati ignorati nelle cancellerie. Il via libera fa capire che i pericoli relativi al fondamentalismo islamico, almeno quello jihadista, sono stati inquadrati nella loro esatta dimensione. L’incubo oggi prende le sembianze non dei “ribelli” ma di una Libia divisa in due, che destabilizza il Mediterraneo e l’Africa per il solo fatto di non avere un centro di gravità  effettivo.


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