Gli scafisti temono l’intesa con Roma “Prezzi più bassi per chi vuole partire”

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ZARZIS – Il notiziario in tv è la prima preoccupazione. Ma l’attenzione di molti tunisini non è sulle posizioni del governo italiano, o sul battibecco fra Farnesina e funzionari di Tunisi in tema di immigrazione. No, l’attenzione è tutta sul bollettino meteorologico: sulla costa sud il mare è un olio, se il bel tempo dura è ideale per partenze tranquille verso Lampedusa anche a bordo di gusci di noce stracarichi. Tutt’al più le trattative e le polemiche mettono sull’avviso i trafficanti: prima o poi Roma e Tunisi troveranno un accordo, e magari individueranno misure efficaci per fermare i barconi. Meglio approfittare del momento favorevole, finché dura. Qualche scafista ha già  annunciato, attraverso il passaparola di saloni di barbiere e bar, che è pronto a tagliare i prezzi per riempire gli ultimi viaggi. I meccanismi del mercato funzionano anche nei viaggi della disperazione, in modo perfettamente identico a quello delle partenze last minute. Le carrette della speranza continuano a salpare dalle spiagge e dal porto di Zarzis, mentre il governo definisce i dettagli per la visita di Silvio Berlusconi. Oggi il premier vedrà  il capo dello Stato Fouad Mebazaa e il primo ministro Beji Caà¯d Essebsi: scopo dichiarato è trovare un rimedio in tempi rapidi all’ondata di immigrazione clandestina dalla Tunisia partita dopo la fine del regime di Ben Ali. Ma l’opinione pubblica tunisina vede i migranti con un filo di vergogna, il tema è poco popolare, e nei giornali la visita di Berlusconi è confinato in 6 righette della locale agenzia Tap. Già  il viaggio di Franco Frattini e Roberto Maroni, poco più di una settimana fa, sembrava aver messo in moto qualche meccanismo. Qualcuno ipotizzava persino un ruolo italiano nel cambio al vertice del ministero degli Interni tunisino, quando lo stimato ministro Farhat Rajhi, che aveva avviato una riforma radicale degli apparati di sicurezza, ha dovuto lasciare il posto a Habib Essid. Ma se la “colpa” di Rajhi era un atteggiamento rigido sulla questione dei rimpatri, finora il successore non ha mostrato maggior disponibilità . Prima di tutto mancano le risorse: barche, attrezzature, uomini. Ben Ali vantava apparati di sicurezza con 150 mila uomini, il governo ad interim ha svelato che dopo lo scioglimento della polizia politica ne restano appena 50 mila in tutto il Paese. Ma il punto irrinunciabile, per la Tunisia, è la sovranità  nazionale: un ritmo accelerato dei rimpatri di fatto imporrebbe al governo di Tunisi di accettare sul proprio territorio l’arrivo di persone sommariamente identificate come tunisini dalle autorità  italiane. E l’identificazione sarebbe ben poco affidabile, visto che la disperazione di chi lascia la propria terra spinge spesso a mentire: sulla provenienza, sul nome, sulle proprie vicende, su eventuali persecuzioni. La gente qui li chiama “Harragas”, cioè quelli che bruciano. Che bruciano le frontiere, secondo la spiegazione più comune, oppure che bruciano i documenti, proprio per non lasciare tracce utili per il rimpatrio.


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