Gli affari, la guerra e gli immigrati quei muri che dividono Roma e Parigi

by Editore | 18 Aprile 2011 7:21

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PARIGI – Ormai è diventata una faccenda di muri, reali o immaginari. Di qui, la frontiera di Ventimiglia che la Francia ha trasformato in una fortezza. Agenti in assetto anti-sommossa per non far passare i migranti clandestini che l’Italia ha legalizzato a tempo, con l’implicito obiettivo di mandarli oltreconfine. Dall’altra parte, il governo di Roma che sta cercando di fermare tutt’altro tipo di invasione, l’assalto di colossi come Lactalis accusati di voler “colonizzare” l’economia della penisola. I precedenti non mancano. Dall’ingresso di Air France in Alitalia, passando per il gruppo Bnp-Paribas che ha acquistato Bnl, fino all’ultimo colpo: il patron del lusso Bernard Arnault che diventa proprietario di Bulgari. L’influenza del mondo economico francese in Italia cresce – impossibile non notare l’ascesa di Vincent Bolloré, finanziere vicino a Sarkozy – mentre è difficile affermare il contrario. No pasaran. Ecco l’altra barriera eretta in questi giorni, la legge anti-scalate voluta da Giulio Tremonti. Per ironia del destino, il ministro dell’Economia si ispira a un provvedimento varato da Parigi cinque anni fa nel tentativo di contrastare le pretese di Enel su Suez. Nonostante i proclami, la pax energetica è sempre più lontana. Basta ricordare gli ultimi attriti sull’accordo nucleare e il siluramento dell’amministratore delegato di Edison, Umberto Quadrino, da parte di Edf. A complicare le cose, c’è una questione di forma. In Italia si urla al “nemico” straniero, la Lega lancia appelli al boicottaggio. In Francia, invece, è quasi impossibile trovare tracce della guerra in corso. Per i quotidiani francesi i vari dissidi finiscono in brevi articoli e raramente contengono reazioni ufficiali. Roma appare sempre più distante. Tanto che il 19 marzo Sarkozy ha tralasciato di avvertire Berlusconi dell’imminente attacco alleato in Libia. I rapporti tra i due sono tesi, e non da oggi. Si assomigliano, ma non si sopportano. L’Eliseo ostenta una certa distrazione persino nel rispettare il protocollo nei confronti dell’Italia. Negli ultimi mesi, i diplomatici hanno collezionato una lista di piccoli sgarbi e gaffe da parte dei francesi. «Sarkozy non conosce, né ama particolarmente l’Italia» racconta una persona che ha lavorato vicino al presidente francese. Quando era giovane e passava le vacanze in Corsica l’attuale presidente scherzava con gli amici: «Prendiamo la barca per andare in Sardegna a mangiarci una pizza». Un misto di pregiudizi e ignoranza, che spiegano in parte l’indifferenza di oggi. Non aiuta la cordiale antipatia di Carla Bruni per il Cavaliere. La première dame non ha fatto nulla per nasconderlo, ed è entrata per questo nel mirino dei giornali della famiglia Berlusconi. «Sono felice di non essere più italiana» aveva detto nel 2008 dopo che il nostro premier aveva definito «abbronzato» Obama. Poi Carlà  si è corretta, ha mantenuto la cittadinanza, ma ha sistematicamente evitato gli incontri con il presidente del Consiglio, fino a organizzarsi un programma autonomo durante il G8 dell’Aquila, scavalcando quello ufficiale riservato alle first ladies. Cherchez la femme. «Come sta Carlà ?» è la prima battuta che Berlusconi ha rivolto qualche giorno fa al corrispondente di Le Monde, Philippe Ridet. Il premier si è agitato molto per buttare acqua sul fuoco. «I rapporti con la Francia sono ottimi, supereremo i pochi disaccordi» ha detto, ricordando di aver conosciuto Sarkozy quando faceva l’avvocato di Bouygues e lui era un potente azionista del gruppo. Da una parte il gallismo del presidente francese, dall’altra lo strabordante ego del premier italiano. Tra una settimana, Sarkozy arriverà  a Roma per il consueto vertice bilaterale. Gli sherpa sono al lavoro per smussare i toni e salvare le apparenze. Sul tavolo molti dossier, tra cui quello dell’immigrazione, e una reciproca dose di diffidenza. Una volta che sono stati tirati su, i muri diventano difficili da abbattere.

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