by Editore | 1 Aprile 2011 7:20
ROMA – Naufragata nelle ultime ventiquattro ore la decisione di forzare il diritto internazionale, violare gli accordi bilaterali e presentare all’Europa e a Tunisi il “fatto compiuto” di una nave italiana carica di profughi di ritorno in acque territoriali Tunisine, il ministro dell’Interno Roberto Maroni mette in scena l’ultimo atto del piano di emergenza disposto dal Viminale. Battezza una «cabina di regia» con Regioni e Comuni che – annuncia – pronuncerà questa mattina una parola definitiva sugli oltre 20 siti destinati a raccogliere tra i 10 e i 20 mila migranti. E lo fa con una scelta lessicale – “cabina di regia” – che lascia intendere una collegialità nella decisione che, in realtà , non c’è, né ci sarà . Perché di regista, in questo piano, ce ne è uno solo: il ministro. Il Viminale – che conta di completare le operazioni di «svuotamento di Lampedusa» (questo il termine degli addetti) entro questa sera o al più tardi sabato, lasciando comunque in porto due navi per fare fronte a futuri sbarchi – ha infatti già individuato, sulla base delle indicazioni arrivate in questi giorni dalle prefetture, le aree in cui i migranti verranno concentrati. I criteri geografici con cui verranno scelte – almeno un sito in ognuna delle 20 regioni «per ridistribuire equamente» un peso dell’emergenza sin qui accollato solo al Sud – e quelli numerici: 1 migrante per ogni 1000 abitanti. Di queste aree, almeno sette sono già “in chiaro”: le tendopoli già operative di Manduria (provincia di Taranto), Kinisia (Trapani), Pian del Lago (Caltanissetta), Potenza, Coltano (Pisa), quella in allestimento di Santa Maria Capua Vetere (Caserta), dove per altro è attesa entro domenica l’ultima nave che partirà da Lampedusa, e quella di prossima realizzazione nell’Arena Rock di Torino. Le altre verranno scelte entro questa mattina dalle singole Regioni in un elenco ristretto ricevuto dal Viminale in cui agli enti locali sono state indicate tre località alternative in ciascuna Regione. Un “prendere o lasciare” dove il “prendere” contempla per i governatori la possibilità , appunto, o di una scelta chiusa tra tre possibilità o l’offerta di un’alternativa che il Viminale vuole però «fattibile in tempi brevi e a costi contenuti». E dove il “lasciare” significa che, in assenza di scelta della Regione, a decidere sarà semplicemente il Viminale. Cade anche la foglia di fico su cui, nelle ultime 48 ore, si è inutilmente esercitato, spesso per ragioni di piccola bottega politica, il dibattito pubblico nelle Regioni e tra le Regioni e il Viminale. Quello che avrebbe voluto il piano di definizione dei siti di accoglienza ispirato a una distinzione tra “profughi” e “clandestini”. Con Regioni disposte ad accogliere i primi e non i secondi. Come ancora ieri sera spiegava una fonte di vertice del Dipartimento della Pubblica Sicurezza, «questa distinzione, infatti, che pure teoricamente esiste, non avrà in questa prima fase dell’emergenza alcuna rilevanza nella distribuzione dei migranti in ciascuna Regione». Tutti i siti individuati avranno un’identica qualificazione giuridica. Quella di “Centri di Prima Accoglienza” (Cpa). E in tutti i siti, senza distinzione, affluiranno sia la minoranza di migranti (circa 2 mila eritrei e somali provenienti dalla Libia) verosimilmente destinati a vedersi riconosciuto in futuro il diritto di asilo, sia la maggioranza di tunisini (oltre 19 mila) che, in buona parte, saranno di qui ai prossimi mesi oggetto di provvedimenti di espulsione. «Una volta ospiti nei Cpa – prosegue ancora la fonte del Dipartimento – con il tempo si deciderà chi è destinato ai “Cie” (Centri di identificazione ed espulsione) e chi no. E solo con il tempo si deciderà , anche in ragione dei numeri, se trasformare una parte dei Cpa che ci prepariamo ad aprire in Cie». Questo dunque significa che nelle nuove tendopoli che di qui ai prossimi giorni verranno tirate su nelle diverse Regioni sarà garantita agli ospiti piena libertà di entrata e uscita. Ma significa anche che nell’orizzonte del Viminale resta dunque centrale la scommessa sull’effetto di progressiva “dispersione” verso altri Paesi dell’Unione (Francia, Belgio, Germania) che i “Cpa”, con il loro livello di bassa sorveglianza, possono garantire.
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