Frequenze tv, assalto ai ripetitori Mediaset-Dmt verso il monopolio

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MILANO – La fusione Dmt-Mediaset chiude il mercato delle frequenze televisive. Con buona pace di chi, Sky per prima, ha sottovalutato il peso delle torri di trasmissione in mano all’imprenditore Alessandro Falciai, che dopo aver provato, senza riuscirci, a realizzare un polo italiano del settore ha deciso di passare la mano. È quanto emerge da una analisi più approfondita dell’accordo annunciato settimana scorsa. L’obiettivo non dichiarato dagli azionisti della newco – che vedrà  il Biscione al 60% – è quello di congelare il mercato, con un operatore dominante che affitta le torri e i trasmettitori ai gestori di multiplex e agli editori concorrenti. Un’operazione con un risvolto immediato: più impianti si hanno più punti verranno assegnati nel prossimo beauty contest che assegnerà  sei frequenze nazionali. Con un dilemma per i nuovi entranti: dove affittare le frequenze per trasmettere il segnale? Fonti vicine alle trattative spiegano che per «almeno cinque anni la nuova società  dovrà  affittare i propri spazi». Poi si vedrà . Anche perché si potrebbe riaprire il dossier Rai Way, che oggi affitta solo a Rai. Nel 2001 era tutto fatto per la sua cessione, con una valutazione di circa 800 milioni, poi la crisi e la legge Gasparri bloccarono tutto. Ora il dg Mauro Masi, vorrebbe tornare sulla questione. Ma rischierebbe lo stop dell’antitrust: «La fusione Mediaset-Dmt – spiega una fonte – dovrebbe ottenere il via libera perché esiste Rai Way a cui gli editori possono rivolgersi». Si potrebbe fare, ma tra 5 anni. Intanto Mediaset, per tutelarsi e avere massima libertà  di manovra, punta ad arrivare al 66% del capitale, la quota che garantisce il controllo dell’assemblea straordinaria. Per raggiungere la quota, il Biscione ha già  un accordo con Falciai per rilevarne il 4-6%. «Dal punto di vista finanziario l’operazione è ottima», parola di Cara Goldenberg, la ragazza d’oro della finanza americana che a 28 anni ha aperto il suo hedge fund (Permian Partners) con la benedizione di Warren Buffet. «È mossa offensiva – spiega Goldenberg – Il gruppo crede nell’operazione e cresceremo ancora, il mercato italiano è estremamente interessante per l’industria televisiva. E le torri sono un’infrastruttura fondamentale». Un’importanza che non hanno valutato come tale i competitori di Mediaset rifiutando le proposte di Falciai, convinti di potere costruire i ripetitori necessari senza considerare i vincoli paesaggistici. Di certo l’operazione è una sconfitta industriale per chi, come Falciai, credeva nell’operatore indipendente, sulla scia di quello che accade in Spagna, Francia e Inghilterra. Eppure ogni tentativo per far crescere Dmt è caduto nel vuoto, con il fallimento delle trattative per rilevare le torri di Atlantia, Wind e poi quelle di Mediaset. Su punto i collaboratori di Falciai vogliono però sia fatta chiarezza: «L’azienda non è in difficoltà . Il 2010 si è chiuso con 100 milioni di debito e 30 di ebitda. Le banche ci avevano appena proposto di aumentare l’esposizione».


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