Famiglie ancora al palo cala il potere di acquisto e si risparmia di meno

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ROMA – Spendono di più anche se consumano di meno: il potere d’acquisto delle famiglie italiane, dopo lo scivolone di due anni fa (meno 3,1 per cento), slitta un altro po’. Nel 2010, segnala l’Istat, è diminuito dello 0,6 per cento rispetto al 2009. La caduta del reddito reale frena, dunque, ma non si interrompe. Anzi trascina con sé la propensione al consumo, mai così bassa dagli ultimi venti anni (12,1 per cento, in discesa dell’1,3). Eppure le cose sulla carta sembravano mettersi al meglio: nello stesso periodo i redditi, in caduta nel 2009, hanno messo a segno un più 0,9 per cento. Poca cosa rispetto all’aumento del 2,5 nella spesa per consumi finali: il ritocco ai salari non è bastato a contenere gli effetti dell’aumento dei prezzi tanto che per far fronte agli acquisti si è rinunciato pure al risparmio. E i minimi aumenti nelle entrate sono subito assorbiti dalla inflazione. Ora, se invece di guardare all’intero anno si bada solo all’ultimo trimestre, le cose sembrano andare meglio (fra ottobre e dicembre il reddito disponibile è aumentato del 2 per cento e non vi è quindi stata perdita del potere d’acquisto). Va segnalato anche l’aumento della redditività  (più 0,5 per cento annuo) nelle società  non finanziarie. Ed è proprio a questi dati che il governo guarda per rispondere alle polemiche di sindacati, consumatori e opposizione. «In un contesto che è stato e rimane difficile», commenta il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi, si tratta di «leggere la tendenza positiva al miglioramento. La fiducia nel futuro rimane comunque figlia della stabilità , per cui è doveroso diffidare di tutte le proposte che si risolvono nella spesa in disavanzo. Il reddito può crescere solo collegando salari e occupazione alla maggiore efficienza e redditività  delle imprese». Lettura che non frena le critiche: «I dati Istat confermano una prospettiva di stagnazione – ha commentato Stefano Fassina, responsabile economico del Pd – avremmo dovuto alleggerire l’Irpef sui redditi bassi, invece il governo si è concentrato su una politica di bilancio e su un federalismo classista che ha colpito i servizi, aumentato le tariffe e messo ancor più in difficoltà  le famiglie». La Cgil chiede una «riforma fiscale che sposti il peso dal lavoro e dai redditi fissi all’evasione» e una «politica per l’occupazione»: i due temi sui quali ha proclamato uno sciopero generale in calendario per il 6 maggio. La Uil denuncia «la condizione di bassi salari», la Cisl chiede che l’Europa «dopo aver accompagnato gli Stati verso il risanamento» li spinga ora «verso una nuova fase». In polemica nettamente più decisa Adusbef e Federconsumatori: «Purtroppo ci aspettavamo questi dati, per le famiglie la situazione è drammatica, negli ultimi tre anni i consumi sono calati del 6,5 per cento». La denuncia trova conferme nelle preoccupazioni dei commercianti. «E’ necessario puntare a consumi, investimenti e produttività  – chiede Confcommercio – in assenza di una crescita le famiglie saranno costrette a ridimensionare ulteriormente risparmi e consumi». Che gli acquisti vadano male lo segnala anche l’analisi di Codiretti – su dati Ismea – relativa alla spesa alimentare: «Nel 2010 – si legge – si sono ridotti i consumi a tavola, scesi in quantità  dello 0,6 per cento con punte del 5,3 per le carni bovine naturali, del 3,4 per cento per i vini, del 2,9 per i prodotti ittici e del 2,7 per cento per il pane». E per risparmiare si torna al discount: la Cia (Confederazione agricoltori) fa notare che sono gli unici punti in netta crescita (1,3).


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