Euroscettici autolesionisti

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Non vi è Paese in cui i governi, negli ultimi dieci anni, non abbiano cercato di compiacere i loro elettori meno europeisti riconquistando i poteri che stavamo progressivamente delegando a una comune autorità  super-nazionale. Ma il fenomeno è particolarmente sorprendente in Italia, un Paese che ha partecipato all’atto di fondazione e ha vantato per molti anni una consistente maggioranza europeista. Abbiamo creduto nell’unità  europea perché ci permetteva di riemergere dalla sconfitta, dava un senso alla nostra tardiva e imperfetta unità  nazionale, ci spronava a fare ciò che da soli, probabilmente, non saremmo riusciti a realizzare. Esistono forse motivi che rendano queste scelte meno necessarie oggi di quanto fossero quando partecipammo alla creazione della Ceca e del Mercato comune? È certamente vero che nella crisi dell’immigrazione tunisina non abbiamo avuto la solidarietà  a cui ritenevamo di avere diritto. Ma se vogliamo evitare di sprofondare nella politica dei risentimenti e dei rancori, dovremmo chiederci se l’Italia non stia pagando in questo caso il prezzo di una politica europea troppo tiepida, scontrosa, quasi sempre priva di iniziative coraggiose (gli eurobond di Giulio Tremonti sono una apprezzabile eccezione). Saremmo stati più autorevoli e credibili se il governo non avesse permesso alla Lega di offendere l’Europa con le sue sortite e avessimo approvato, tanto per fare un esempio, la direttiva del 2008 sui rimpatri: una norma che ci avrebbe permesso di evitare alcuni degli errori commessi a Lampedusa e di presentarci a Bruxelles con una posizione più forte. Il rischio ora è che la crisi tunisina rinforzi la corrente anti-europea della politica italiana. Non credo che arriveremo al punto di mettere in dubbio la nostra partecipazione alla Ue. Ma agli euroscettici che parlano con leggerezza di una tale prospettiva chiedo se si rendano conto di ciò che l’Italia perderebbe in termini di stabilità  monetaria, di credibilità  finanziaria e di autorevolezza politica. Siamo quello che siamo perché abbiamo alle nostre spalle, quando andiamo nel mondo, una moneta unica, un mercato unico, una poltrona nel consiglio d’amministrazione della più grande potenza commerciale del mondo. Sono certi, gli euroscettici, che saremmo meglio in grado di negoziare gli accordi sul controllo dell’emigrazione con i Paesi dell’Africa del Nord? Se vogliamo rimediare a questo clima di euroscetticismo e di apatia, il governo deve prendere una iniziativa che colga l’attenzione di Bruxelles. Nelle prossime ore verrà  in discussione al Consiglio dei ministri il Piano nazionale delle riforme, a cui hanno lavorato Tremonti e Maurizio Sacconi. È una buona occasione per dimostrare che l’Italia non vuole lasciarsi distanziare dai suoi maggiori partner europei. Bruxelles lo capirebbe e ne prenderebbe buona nota.


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