E Tremonti prepara l’affondo sull’Europa “Ci aiuti sui migranti o basta fondi per l’atomo”

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ROMA – Il Trattato di Lisbona «è un fossile di un’altra era geologica, frutto di un pensiero che risale a prima della caduta delle Torri gemelle». Giulio Tremonti stavolta punta al bersaglio grosso, s’è messo in testa di cambiare la costituzione europea. A spingerlo su questa strada sono proprio le due emergenze che l’Europa sta affrontando a ranghi sparsi, l’ondata migratoria dal Nord-Africa e l’uscita dal nucleare. Due dossier che investono direttamente l’Italia, il primo con i barconi di Lampedusa, il secondo con la bolletta elettrica più cara d’Europa per l’assenza di centrali atomiche. Il ministro dell’Economia li ha ribattezzati «debito atomico» e «debito geopolitico», per metterli sullo stesso piano di quel debito pubblico su cui l’Ue ha dimostrato di essere «solidale e responsabile», correndo in aiuto della Grecia. «Ma ora la nuova sfida da raccogliere è quella sull’immigrazione e la gestione del dopo-Fukushima». Per questo Tremonti volerà  martedì a Bruxelles, in un’audizione davanti alla commissione affari costituzionali del Parlamento europeo, per lanciare l’ultima idea partorita in queste settimane di crisi a via XX Settembre: allargare l’ombrello europeo per aiutare i membri dell’Unione ad affrontare i pericoli di un mondo nuovo. «I trattati – spiega uno sherpa del ministero – sono fermi alla «clausola di solidarietà » introdotta dall’articolo 222, quello che prevede la possibilità  per l’Unione europea di prestare assistenza a un altro Stato membro vittima di un attacco terroristico. Sono norme che non ci aiutano a gestire quello che abbiamo di fronte». E proprio l’ondata migratoria dalla Tunisia, e le polemiche tra Italia e Francia sulla gestione dei permessi, per Tremonti sono la migliore dimostrazione che occorre mettere mano alle regole comuni. «La cambiale che stiamo pagando – ha detto il ministro giorni fa all’Ecofin – non si ferma all’ufficio postale di Lampedusa, arriverà  in Germania e in tutta Europa». Ma non c’è solo l’emergenza dei migranti a spingere un ex euroscettico come Tremonti a invocare oggi «più Europa». Perché in questo momento è l’atomo l’incubo di tutti i governi europei. Nel Piano nazionale di Riforma, approvato venerdì scorso dal Consiglio dei ministri, il capitolo sul nucleare occupa appena 15 righe. Ma la retromarcia di Berlusconi è poca cosa rispetto ai miliardi che dovranno pagare i paesi nucleari – in testa Francia e Germania – per procedere con gli «stress test» e quindi chiudere le centrali più pericolose. Il ministro tedesco Rainer Bruederle, ricordano a via XX Settembre, due giorni fa ha stimato in due miliardi di euro all’anno l’uscita dal nucleare. «Considerando tutti i paesi che hanno le centrali atomiche – ragionano nell’entourage del ministro – parliamo di una cifra vicina ai 130 miliardi di euro. È chiaro che i singoli paesi non potranno fare da soli e chiederanno l’aiuto dell’Unione». Ecco dunque il secondo elemento di riflessione di Tremonti, il «debito atomico». «Finora – ha spiegato il ministro ai suoi – i vantaggi del nucleare sono rimasti nel paese che possedeva le centrali, i pericoli invece ricadevano su tutta l’Europa. Era un po’ come privatizzare i benefici ed europeizzare i rischi». Se poi l’Europa – e quindi anche i paesi senza le centrali come l’Italia – sarà  chiamata a contribuire ai costi del «decommissioning» nucleare, allora è chiaro che «tutto andrà  rimesso in discussione». Magari facendo pagare meno l’elettricità  ai paesi che non hanno impianti, oppure fornendo aiuto per affrontare il «debito geopolitico» dell’immigrazione. Senza contare che, per Tremonti, «gli enormi costi dell’uscita dal nucleare andrebbero inclusi nel calcolo del debito pubblico». Scoprendo così che l’Italia, in fondo, «non sta messa peggio di altri».


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