E spunta la legge blocca-processo “Va sospeso per il conflitto Camera-pm”
Era già scritta giovedì 17 marzo, quando il relatore Maurizio Paniz, nuovo astro nascente delle leggine “salva Silvio”, e il capogruppo in commissione Giustizia Enrico Costa, presentano gli emendamenti al processo breve. Tardarono, quel pomeriggio, ad arrivare. Ci furono riunioni su riunioni. Telefonate frenetiche. Adesso se ne capisce il motivo. Oltre alla prescrizione scontata, nel pacchetto doveva esserci anche un altro articolo, poche righe, per stabilire una nuova regola. Questa: il giudice è obbligato a sospendere il processo se sul suo tavolo arriva un conflitto di attribuzioni. Leggi: il tribunale di Milano «deve» fermare il dibattimento Ruby nel momento in cui la Camera si rivolge alla Consulta. Un intervento sull’articolo 37 della legge 87 del ‘53, quella che disciplina la vita della Consulta. Il gioco è fatto. Il Rubygate si congela per mesi e mesi. A stoppare Paniz e Costa sono state due questioni. Una tecnica e una politica. La prima: la (quasi) certezza che la coppia Fini-Bongiorno avrebbe bloccato l’emendamento come inammissibile per estraneità alla materia. La seconda, dirimente: il timore che la mossa avrebbe finito per bloccare il conflitto stesso, che in quel momento doveva essere ancora votato (lo sarà solo il 5 aprile). I berlusconiani hanno rinunciato a giocarsi la carta della blocca-Ruby? Niente affatto. Lo scopre il Sole-24 ore, che trova traccia dell’emendamento, questa volta pronto per rispuntare al Senato. Il conflitto di attribuzione ormai è sulla via di arrivare alla Corte, l’avvocato Roberto Nania, incaricato dalla Camera, ne sta scrivendo il testo; il processo Ruby è in calendario per il 31 maggio; la prescrizione breve ha già superato la prima prova; ora si può sfidare l’opposizione con un’altra norma. Per certo non andrà nel ddl sulla prescrizione. Quello resterà identico alla versione della Camera. Chiuso a qualsiasi miglioria anche se fosse suggerita (ma non lo sarà ) dal Quirinale. Avanti fino al sì. E in caso di stop del Colle è «certo» un nuovo voto. La norma blocca-Ruby vogliono piazzarla nel “processo lungo”. Già votato in commissione Giustizia, pronto per l’aula di palazzo Madama. Anche lì hanno ripescato l’armamentario caro ai giuristi del Cavaliere. Una norma per allargare le maglie delle difese, non “potare” le liste dei testi e le prove a discarico. Un’altra per tenere fuori le sentenze passate in giudicato e far perdere tempo ricercando le stesse prove. Se ne farà carico Franco Mugnai che già ha “sporcato” il ddl Lussana sul divieto di accedere al rito abbreviato per i reati da ergastolo. Di quello originario della Camera sono rimaste due righe, il resto è solo il “processo lungo”. Lì finirà anche, con una modifica per l’aula, la norma blocca-Ruby, configurata in modo tranchant: il giudice ferma «subito» in processo non appena arriva il conflitto, senza attendere neppure la pronuncia di ammissibilità della Consulta. Le menti giuridiche di Berlusconi la giustificano come un tributo al principio della parità tra le parti: se il processo si ferma quando è il giudice a rivolgersi alla Consulta, del pari ciò deve accadere se il Parlamento interviene per l’imputato. Teoria che fa acqua, perché il giudice per legge è il dominus del processo. Gasparri e Quagliariello, i capi del Pdl al Senato, si schermiscono sulla blocca-Ruby. Dice il primo: «Mi auguro che non ci sia bisogno di un emendamento: è prassi che un processo si sospenda se c’è un conflitto di attribuzione». Non è affatto così. I processi vanno sempre avanti. Mastella, Matteoli, anche Abu Omar. L’opposizione è incredula. Antonio Di Pietro parla di ipotesi «vergognosa». Massimo Donadi e Luigi Li Gotti sono inviperiti. Il primo: «Stiamo per passare dalla Repubblica parlamentare alla satrapia». Il secondo: «È possibile che una banda di cialtroni possa cambiare le norme che infastidiscono il sultano?». La Pd Donatella Ferranti: «L’arroganza dei berlusconiani non ha limiti». Il finiano Nino Lo Presti: «È una vergogna nazionale, così svelano il vero scopo del conflitto di attribuzioni». Proprio così. Ci hanno girato intorno. Hanno raccontato che era una mossa di civiltà contro lo strapotere dei giudici. Ma l’obiettivo era un’altra “salva Silvio”.
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