by Editore | 13 Aprile 2011 6:27
ROMA— Ci vuole coraggio di questi tempi a professare la «fede nella politica bipartisan» , a invocare lo «spirito di collaborazione» , a confidare «nel dialogo almeno, se proprio non c’è spazio per la concordia» . È come predicare nel deserto. E sebbene Gianni Letta ne sia consapevole, insiste nel tentativo di far proseliti alla causa, quasi fosse una regola monastica. Ma a volte capita un attimo di scoramento, e c’è un motivo se ieri il sottosegretario alla presidenza del Consiglio si è lasciato andare, rendendo pubblico il proprio stato d’animo. Come ha avuto modo poi di raccontare, l’ «aria mistica» dell’Abbazia benedettina di Cava dei Tirreni, dove si trovava per la cerimonia celebrativa del Millennio, lo ha spinto a evidenziare la differenza con l’ «atmosfera infernale» che regna nei palazzi della politica. E proprio nelle ore in cui Montecitorio si trasformava— ancora una volta — in una sorta di girone dantesco, le sue parole coglievano di sorpresa i parlamentari della maggioranza impegnati sulle barricate a difendere la legge sul «processo breve» . Tutti si chiedevano per quale motivo Letta avesse esternato, lui che solitamente riempie di silenzi le cronache politiche. E soprattutto perché avesse rimarcato «l’incandescenza» della settimana parlamentare, evidenziando un senso personale di stanchezza a fronte delle «giornate incerte, affannose e amare» che verranno, ponendo una distanza, non solo chilometrica, tra sé e Roma. Persino dall’ «inner circle» storico del Cavaliere emergeva un certo stupore, dato che in una fase difficile è bene calmare le acque, non agitarle. E l’ansia degli uomini da sempre più vicini a Berlusconi, si univa alle preoccupazioni di chi in Parlamento non capiva tanta preoccupazione. «Anche perché— sussurrava il coordinatore del Pdl, Verdini — qui alla Camera non abbiamo problemi di numeri sul “processo breve”. Chissà , sarà un momento di depressione. Ma davvero, siamo tranquilli» . Per placare la ridda di voci che in Transatlantico si erano subito sparse, per mettere a tacere i «boatos» su un’imminente implosione della maggioranza e su nuove rivelazioni nelle inchieste giudiziarie, Letta ha voluto spiegare il senso del suo discorso «tutto orientato sulla figura di Alferio, che fu diplomatico prima di diventare santo. E il luogo ispirava alla mistica» . Ma alcuni passaggi dell’intervento richiamavano alla quotidianità politica, e il sottosegretario non l’ha nascosto: «È vero. La speranza è che torni lo spirito di collaborazione tra maggioranza e opposizione» . Per esempio su questioni di politica sociale e di politica estera, evocate ieri da Letta a Cava dei Tirreni, quando ha accennato come «le nostre solite responsabilità in questi giorni sono aggravate dalla guerra in Libia e dalla questione degli immigrati» . Una linea in controtendenza rispetto a quella intrapresa dal governo. D’altronde l’ «amarezza» di Letta, il suo scoramento, è stato registrato a più riprese anche in Consiglio dei ministri, dove ultimamente ha preso a rimbrottare i rappresentanti dell’esecutivo, e a dare persino sulla voce a Berlusconi. Il Cavaliere ogni volta che può si spertica in lodi per il suo braccio destro: «Ormai palazzo Chigi si chiama palazzo Letta. Perché lui è sempre qui, come la statua di De Gasperi» . E di sicuro ieri il sottosegretario alla presidenza con le sue parole non intendeva danneggiare l’esecutivo nè tantomeno il premier. Ma che non approvi alcuni suoi atteggiamenti è cosa nota, com’è evidente il tentativo di tenere quanto più possibile saldo il rapporto con il Quirinale. Di qui la professione di fede nella «politica bipartisan» , ribadita dopo la visita in Campania. Peccato che di questo spirito non ci sia traccia in Parlamento, dove nessuno è immune da colpe. È vero che la legge sul «processo breve» non poteva che provocare una forte e indignata reazione delle opposizioni, ma il modo in cui ieri D’Alema nell’Aula di Montecitorio ha chiamato in causa Napolitano— auspicando da parte del capo dello Stato lo scioglimento delle Camere — è stato un evento senza precedenti, al punto che lo stesso Casini l’ha definita «una caduta di stile» . D’altronde l’abbazia di Cava dei Tirreni è lontana. Questo è il Parlamento.
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