E dopo il conflitto di potere con i pm spunta l’improcedibilità per il premier
L’improcedibilità . Formula che, fuori dal giuridichese, vuol dire che il Parlamento, la Camera nel caso di specie, vota per negare qualsiasi possibilità di ulteriore indagine o processo per un componente del governo. Non sono uniti, su questo, i berlusconiani. C’è chi spinge sull’acceleratore e vorrebbe che la nuova pronuncia arrivasse addirittura a ridosso dei voti di questa settimana. Chi consiglia maggiore prudenza e l’opportunità di attendere almeno la decisione della Consulta sull’ammissibilità del conflitto. Chi è ancora più guardingo e suggerisce di tenersi questa come ultima carta da giocare, attendendo il pronunciamento della Corte sul conflitto. Chi, infine, sconsiglia di forzare ancora la mano, quasi che l’improcedibilità , spesa così su due piedi, possa sortire l’effetto di indebolire e depotenziare l’arma del conflitto, quasi che gli stessi proponenti avessero dei dubbi sulla sua efficacia. Niccolò Ghedini è tra questi. Lui, a conflitto ormai sulla strada della Corte, preferisce che si giochi una carta per volta. Ma tant’è. C’è ansia nel Pdl. Voglia di rivalsa sui giudici. Desiderio di utilizzare, in questa stagione politica, tutte le possibili risorse. Ecco allora la legge di Gasparri e Quagliariello per mettere il bavaglio al Csm. O quella, firmata dal leghista Dussin, per portare dalla maggioranza semplice ai due terzi il quorum per votare alla Consulta sulla costituzionalità di una norma. Legge che richiede, a sua volta, i due terzi per essere approvata e che vale pertanto più come segnale che per l’effettiva possibilità che venga approvata. Poi la responsabilità civile. Poi la riforma della giustizia. È in questo cammino anti-toghe che entra l’improcedibilità . I berlusconiani di più stretta osservanza che premono per farla la considerano «un atto necessario». E la spiegano così: «Dobbiamo ribadire che, comunque vada alla Corte, noi non daremo mai l’autorizzazione per fare a Berlusconi il processo su un atto, quella telefonata in questura, che ha compiuto nella pienezza dei suoi poteri di premier». Non solo: «Il documento della Camera ribadirà quanto abbiamo già detto dichiarando inammissibile la richiesta di perquisire il ragionier Spinelli e quanto stiamo per votare nel conflitto di attribuzioni. La procura di Milano non era competente a indagare e quando il reato transiterà , com’è certo che transiterà , al tribunale dei ministri, noi negheremo l’autorizzazione a procedere». Vuole essere un segnale alla Consulta quello dell’improcedibilità . Che, va detto, viene vista con totale scetticismo dall’opposizione. Considerata, per esempio dal finiano Nino Lo Presti che fa parte della giunta per le autorizzazioni, come «un documento che non ha alcun valore, men che meno nel processo, il quale andrà avanti comunque, sia col conflitto che con l’improcedibilità ». Eppure, già in queste ore, nel Pdl si lavora per capire quale potrà essere l’incastro dei tempi. Intanto per garantire la buona riuscita dei voti di questa settimana. Sms ai deputati intimano «l’obbligatoria presenza in aula per martedì 5 aprile, quando è in aula un provvedimento che riguarda Berlusconi». Un altro raccomanda di esserci «fino a venerdì, sospesa qualsiasi missione, con disponibilità per le notturne», visto che in aula ci sarà la prescrizione breve, su cui l’opposizione può ben contare su 16 ore per ostacolare il voto. Ma chi spinge sull’improcedibilità guarda anche alla Corte dove, giusto da martedì, il presidente Ugo De Siervo non presiederà più i lavori perché dal 29 aprile lascia il palazzo avendo compiuto i nove anni previsti dall’incarico. Nelle file del centrodestra l’avvicendamento è guardato con entusiasmo nella convinzione che, a questo punto, la Corte si sposterà più a destra. Comunque vada la scelta per il nuovo presidente si tratterebbe di una guida più a destra di quella attuale. In campo ci sono l’attuale vice Paolo Maddalena (ex presidente di sezione della Corte dei conti) o Alfio Finocchiaro (omologo in Cassazione), i due più anziani. Qualora si rompesse la tradizione, ecco Alfonso Quaranta, ordinario di diritto tributario, scelto nel 2004 da Ciampi, che solo per un voto, otto a sette, ha perso con De Siervo e può garantire una presidenza più lunga. E v’è di più. Il Pdl già lavora per “scippare” al centrosinistra il posto di De Siervo, che alla Corte era stato portato da quell’area. Ora, ragionano i berlusconiani, «il nostro peso politico ci consente di attribuirci quel giudice e riequilibrare la Consulta». Sarà il consesso che dovrà decidere sul conflitto, sia sull’ammissibilità che nel merito. Dal 29 aprile saranno in 14. Con gli occhi puntati addosso per una decisione che, se difforme da quello che il Pdl si augura, potrebbe portare a una legge per cambiare la stessa Corte. Come sta avvenendo per il Csm, “colpevole” di voler giudicare le leggi e proteggere le toghe.
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