by Editore | 7 Aprile 2011 7:39
PECHINO — Forse Bob Dylan ha cercato la Cina più di quanto la Cina cercasse Bob Dylan. Ieri sera si sono incontrati. Dopo mezzo secolo di musica, l’artista americano ha infranto una barriera geografica, è arrivato in un Paese che ancora non lo aveva mai ascoltato. Dylan ha cantato a Pechino, domani lo rifarà a Shanghai, rimediando al passo a vuoto di un anno fa, quando un «no» delle autorità cinesi o più probabilmente intoppi contabili fecero saltare l’esordio nella Repubblica Popolare. Un’ora e 45 di musica, scaletta di quattordici brani e tre bis, esattamente quella concordata con il ministero della Cultura. Oltre cinquemila spettatori, una consistente quota di espatriati e molti giovani. Minima interazione tra l’artista e il pubblico. Non un saluto, non una parola da parte di Dylan, solo il rituale omaggio alla band. Pubblico urbano, mediamente poco abituato (stranieri a parte) al repertorio di Dylan, anzi «Baobo Dilun» . «Lui— ha commentato il critico Zhang Xiaozhou — è un giovane sconosciuto di settant’anni» . I biglietti costavano fra i 280 e i 1961,411 renminbi (cifra-simbolo per i dylanofili: 11-4-1961 è la data del primo concerto di Bob a New York), tra i 30 e i 200 euro, ma ieri sera i bagarini andavano al ribasso: non era tutto esaurito. Boato finale, comunque, e soddisfazione, come per Shao Yan, 28 anni, costretta a «indovinare le canzoni, perché gli arrangiamenti cambiano sempre, una sorpresa continua» o per l’architetto Zhu Yimin, che al Corriere spiega di «aver sempre saputo che la voce di Dylan è roca, ma non così…» . Il Ginnasio dei Lavoratori — ieri auditorium— riesce a rappresentare fisicamente la Cina dell’ultimo mezzo secolo e, insieme, a sovrapporsi con l’avventura stessa di Dylan. Perché l’edificio, un palazzetto dello sport capace normalmente di 12-13 mila posti, venne inaugurato nell’aprile 1961, una settimana prima che un Dylan non ancora ventenne debuttasse a New York, 11 aprile 1961, appunto. Il Ginnasio sa di storia: nel settembre ‘ 66 assistette a un’adunata di Guardie rosse presieduta da Zhou Enlai, nel 2008 ospitò i momenti finali delle Olimpiadi (il pugile italiano Roberto Cammarelle vi conquistò l’ultimo oro). Dylan l’ha riempito di musica, partendo dal blues di «Gonna Change My Way of Thinking» , mescolando classici assoluti e pezzi di repertorio più recente. La concomitanza fra lo show e il clima politico-poliziesco in Cina aveva suscitato qualche apprensione. La stretta delle autorità si è inasprita, dissidenti e avvocati arrestati o spariti sono decine, e le autorità hanno respinto come «intrusioni nel sistema legale sovrano della Repubblica Popolare» le sollecitazioni dei Paesi occidentali a chiarire la sorte dell’artista e attivista Ai Weiwei, detenuto da domenica. Molte le auto della polizia intorno al Ginnasio, agenti dappertutto anche in borghese, voci di 2 mila biglietti acquistati dal ministero della Cultura per riempire il catino di «spettatori» fidati. Dylan— abito nero, camicia giallo limone, cappello grigio a tesa larga — non ha però creato ansie alle autorità . Soltanto estrapolando arbitrariamente versi da alcuni dei brani eseguiti si sarebbero potute trovare vaghe allusioni, da «Forget the dead you’ve left/they will not follow you» («dimentica i morti che hai lasciato, non ti seguiranno) di «It’s All Over Now, Baby Blue» fino a «There was music in the cafés at night/and revolution in the air» («c’era musica nei caffè/e rivoluzione nell’aria» ) di «Tangled Up in Blue» e a «Well, they’re living in happy harmony» («vivono in lieta armonia» ) di «Tweedle Dee &Tweedle Dum» , involontaria eco della «società armoniosa» propagandata da Hu Jintao. Niente «The Times They Are A-Changin’» né «Blowin’in the Wind» . Tuttavia l’edizione inglese del Global Times — giornale incline al richiamo sciovinista — notava compiaciuto che «probabilmente molti karaoke non hanno la sua musica» mentre «il soggetto delle canzoni di Dylan, dalle droghe all’uguaglianza razziale, dalla dignità umana alla guerre, è fuori dal radar del cinese medio» . Ma la musica parla da sola. Una catena di ballate in cui l’armonica è stata snudata alla quarta canzone, palco di teli grigi che le luci accendevano sobriamente. La cavalcata si è chiusa con «Ballad of a Thin Man» , poi i bis, «Like a Rolling Stone» , «Forever Young» e, in mezzo, «All Along the Watchtower» : era la 1929. ma volta che Dylan la cantava in concerto, e forse non era come tutte le altre.
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