Da Vecchioni a Mastrocola il coro dei prof “Non ci meritiamo gli insulti del premier”

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ROMA – Nel messaggio di Silvio Berlusconi alle mamme di Padova, ieri, c’era quel passaggio – «abbiamo tutelato la famiglia con il bonus per la scuola privata» – che trasformava un’invettiva contro i professori di Stato, lanciata a febbraio nell’assise dei cristiano riformisti, in una strategia politica e di classe: questo governo aiuta la scuola privata contro quella pubblica e comunista. Roberto Vecchioni, il professore di latino e greco in pensione, scuote la testa: «Quest’uomo dice cose fortemente repressive in un italiano povero e ripetitivo. Il personaggio è così. Non ho voglia di parlare di lui mai perché è un quaquaraquà  cosmico, si descrive da solo». Un’altra “prof” famosa (scrittrice lei) è Paola Mastrocola, autrice del recente “Togliamo il disturbo”, saggio sulla libertà  di non studiare (e sulla distruzione della scuola). Ha insegnato Letteratura italiana all’Università  di Uppsala, in Svezia, oggi lo fa al liceo scientifico di Chieri. «Chiedo scusa, ma non capisco a cosa si stia riferendo il presidente del Consiglio», dice. «Insegno vicino a Torino e cerco di inculcare qualcosa che somiglia più o meno alla cultura. Forse siamo disprezzabili, ma io provo a far leggere tanti libri ai miei studenti, molta letteratura italiana. La libertà  di pensiero parte dai libri, dalla padronanza e dalla ricchezza della parola. Oggi la scuola italiana avrebbe bisogno di indirizzi chiari e invece ci stiamo perdendo le nuove generazioni. Credo che Berlusconi quelle cose le pensi davvero, ma noi non meritiamo le sue parole. Sono appena tornata da una stupenda lezione di Umberto Eco su memoria e oblio, sulla virtù del dimenticare: applicherei Eco alle parole di Berlusconi che ci invadono». Livio Romano è uno scrittore di Nardò, in Puglia. Da quattordici anni insegna inglese alle elementari. Laureato in legge, è figlio di due maestri e nipote di maestri. Dice: «Non ho mai inculcato alcunché perché ogni docente degno di questo nome sa che dai ragazzi ha tutto da imparare. Certo, insegnare deriva dal latino, “lasciare un segno”, e io orgogliosamente cerco di trasmettere i miei valori: solidarietà , antirazzismo, tolleranza. Da uomo di sinistra credo siano quelli giusti e non c’è un genitore che mi abbia mai contestato. Il gergo di Berlusconi è poverissimo mentre io cerco di spiegare le cose più difficili, la dichiarazione d’indipendenza degli Stati Uniti per esempio, ai bimbi in classe e alle mie tre figlie. Non c’è cosa che non si possa spiegare ai bambini, basta conoscerla». Giorgio Nisini, candidato al premio Strega con “La città  d’Adamo”, tiene un corso di sociologia della Letteratura all’Università  La Sapienza di Roma. Da dieci anni è professore a contratto. Precario. «Berlusconi vede complotti dappertutto, ma il premier attacca ogni volta che deve sviare la questione, quando non sa risolvere un problema. Lo fa con la magistratura, lo fa con la scuola, dove la riforma del suo governo non risolve nulla. Scuola e università  pubbliche dovrebbero essere la priorità  assoluta. Sono luoghi da tutelare perché lì si studia senza obblighi pragmatici. Il problema è che i professori quarantenni, impoveriti, oggi hanno grandi difficoltà  a progettare il proprio futuro».


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