Costa d’Avorio, assalto finale a Gbagbo

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parigi – Chiuso nel bunker della residenza presidenziale, con accanto la moglie Simone e qualche irriducibile, Laurent Gbagbo resiste all’assalto militare e alle pressioni diplomatiche. L’interminabile crepuscolo dell’ex presidente si tinge di giallo: nessuno sa bene cosa succeda nelle trattative fra le due fazioni, cui si sono sovrapposti i colpi d’arma da fuoco. Abidjan, dicono i testimoni, è deserta, attraversata da bande di uomini armati che non disdegnano qualche saccheggio. La situazione umanitaria comincia a diventare preoccupante, le ambulanze non possono circolare, gli ospedali non hanno più materiale, un’organizzazione umanitaria teme un’epidemia di colera. Ma Gbagbo non cede. Rifiuta di riconoscere l’elezione di Alassane Ouattara, prende tempo, sembra a tratti prendersi gioco degli avversari e li spiazza. Ouattara ha chiesto alle sue truppe di garantire «l’incolumità  fisica» del suo avversario, ma per il momento non c’è stato bisogno del suo avvertimento: il bunker di Gbagbo resiste. E’ stata una giornata confusa, in cui la speranza di una soluzione diplomatica si è alternata al timore di un bagno di sangue. In tarda mattinata, fonti governative francesi hanno annunciato il fallimento delle trattative, mandate a gambe all’aria dal rifiuto di andarsene opposto da Gbagbo. Subito dopo, le forze di Ouattara hanno dato l’assalto al palazzo. L’epilogo di una crisi cominciata nel 2002 e diventata drammatica dopo le elezioni del 28 novembre sembrava imminente («andiamo a tirarlo fuori dalla sua tana per metterlo a disposizione del presidente della Repubblica», diceva un portavoce di Ouattara). Ma dopo due ore le armi hanno di nuovo taciuto, l’Onu ha fatto sapere che il negoziato era ancora in corso e che i suoi uomini facevano il possibile per facilitare il dialogo fra le parti. La Francia ci tiene invece a restar fuori dalla mischia, perlomeno ufficialmente. I diplomatici assicurano di non essere gli intermediari, mentre i militari sono stati invitati a tenersi in disparte. L’intervento di lunedì è stato fatto su richiesta del segretario generale dell’Onu e solo per proteggere la popolazione civile, ripetono i ministri: «Non obbediamo a nessuna forza politica ivoriana. Possiamo solo rispondere a una richiesta dell’Onu per proteggere i civili. Punto e basta», ha detto il titolare della Difesa, Gérard Longuet. Due elicotteri dei caschi blu hanno sorvolato le zone ancora sotto controllo di Gbagbo, ma Alain Juppé ha ribadito che sia le truppe dell’Onu sia i francesi si muovono solo per far rispettare la risoluzione 1975 del consiglio di sicurezza. La situazione è sempre più difficile nella capitale economica ivoriana. In alcuni quartieri acqua e luce sono state tagliate, gli alimenti cominciano a scarseggiare, i saccheggiatori impauriscono gli abitanti. Gli ospedali non funzionano e le ambulanze restano nei garage per evitare di essere mitragliate. L’Onu ha chiesto che la Croce Rossa possa intervenire per soccorrere i feriti e ha definito «preoccupante» la situazione ad Abidjan. Il procuratore della Corte penale internazionale, Luis Moreno-Ocampo, ha detto di voler far luce sui massacri nell’ovest del paese, attribuiti ai fedeli di Ouattara. E mentre crescono i timori internazionali, i paesi africani si dividono tra i sostenitori dell’una o dell’altra fazione, tra chi sostiene l’intervento militare in nome dell’Onu e chi parla di un nuovo colonialismo. Tutti si chiedono quanto potrà  ancora resistere Laurent Gbabgo.


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