by Editore | 15 Aprile 2011 7:03
MOSCA – Celebrato con feste e bandiere il cinquantenario del volo di Gagarin, i cosmonauti della Città delle Stelle ritornano bruscamente con i piedi per terra. «Andare su Marte? Se ci mettessimo finalmente a lavorare bene non ce la faremmo prima del 2035». «La gara con gli Stati Uniti? Intanto siamo terzi dietro alla Cina. E presto ci batterà anche la Nord»: A dire le cose come stanno ci ha pensato ieri Anatolj Perminov, direttore di Roskosmos (la Nasa russa) prepensionato in stile sovietico per i risultati semifallimentari della sua gestione. Perminov nella sua ultima audizione in Senato ha parlato da uomo tradito ma la sua analisi è inattacabile. L’industria spaziale russa ha lo stesso male di tutta l’industria bellica che fu l’orgoglio dell’Unione Sovietica: finanziamenti in calo, investimenti sbagliati, inadeguatezza dell’indotto. La Russia continua a inviare nello spazio satelliti per le telecomunicazioni per committenti di tutto il mondo ma la sua clientela si restringe sempre più a paesi del Sud America eternamente in ritardo con i pagamenti. E, spietata, è arrivata la concorrenza cinese con un minaccioso piano quinquennale di Pechino per conquistare la leadership nel settore. Mosca invece ha difficoltà anche con i satelliti che servono alle sue stesse esigenze come quelli per la rete Glonass, la versione locale del Gps: tre lanci falliti in un anno. Colpa, ha elencato Perminov, di componenti acquistati a basso costo a Taiwan, di mancanza di personale qualificato addetto ai controlli, di una mediocre gestione dell’efficienza aziendale. Il rimedio? L’ennesima rivoluzione organizzativa e una valanga di investimenti. Un appuntamento in più nell’agenda del Cremlino per una modernizzazione radicale del Paese annunciata da mesi ma sempre in rampa di lancio.
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