Corsa all’accoglienza: la Cei mette a disposizione 2500 posti. L’Arci attiva i suoi 5 mila circoli

by Sergio Segio | 4 Aprile 2011 10:49

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ROMA – L’Italia si apre all’accoglienza. Lo fa la Chiesa e lo fa anche il mondo dell’associazionismo.
Nel corso di una conferenza stampa, il segretario generale della Cei, mons. Mariano Crociata, ha ribadito che “l’emergenza di questi giorni esige uno sforzo da parte di tutti per sentire l’appello che giunge da persone che rischiano la vita nei loro Paesi. Così, come Chiesa italiana, attraverso le diocesi e le strutture della Caritas, abbiamo individuato 2.500 posti disponibili per accogliere altrettanti immigrati in 93 diocesi italiane”.
E ha continuato: “Duecento posti sono presso la Casa di Fraternità  in diocesi di Agrigento. Gli altri in diverse parti d’Italia. Ciò come stimolo perché si assuma una volontà  operosa e uno sforzo ulteriore per venire incontro alle esigenze dei tanti che chiedono aiuto”.
Mons. Crociata ha poi sottolineato che “questo aiuto va offerto, benché siamo in uno stato di crisi, per risolvere problemi di sopravvivenza immediata. Diverso è, invece, il discorso in prospettiva, dove il sostegno ai problemi della immigrazione che ci si può attendere dai Paesi dell’Africa del Nord deve essere affrontato con una prospettiva sovrannazionale”. “Diverso ancora – ha aggiunto – è il discorso sulla cittadinanza per quanti tra gli immigrati sono nel nostro Paese da molti anni”. Sui temi dell’emergenza-immigrazione ha anche annunciato un intervento del Consiglio delle Conferenze episcopali europee (Ccee).
Importante anche il bilancio dei lavori del Consiglio permanente della Cei, che si è tenuto a Roma dal 28 al 30 marzo. Questi i 3 punti chiave: “I problemi legati all’intervento militare in Libia, all’emergenza dei profughi e dei rifugiati, al dovere della prima accoglienza”; “la preoccupazione per il dilagare di un paradigma antropologico che rende labile l’identità  personale e il senso di una storia condivisa”; “l’orizzonte pastorale di una Chiesa che vive l’evangelizzazione come il terreno della sua presenza nel mondo”. Sottolineato anche il fatto che i vescovi “non hanno rinunciato a pronunciare una parola umile e ferma sul momento presente, ben sapendo quanto le questioni in gioco siano complesse, complicate e confuse, con l’intenzione esplicita di attivare pensieri e accendere speranze più forti delle preoccupazioni che pure assalgono quanti hanno a cuore il bene delle persone e la serenità  della convivenza sociale”.

Importante la parte concernente l’accoglienza. I vescovi hanno evidenziato come l’Europa debba “evitare l’illusione di poter vivere sicura chiudendo le porte al grido dei popoli in difficoltà ”, ribadendo che “soltanto autentiche politiche di cooperazione potranno assicurare a tutti sviluppo e pace duratura”. Riguardo “al dramma degli sfollati, dei profughi e dei richiedenti asilo, i vescovi – si legge nel comunicato finale – riaffermano l’impegno della Chiesa a educare a una cultura dell’accoglienza, oltre che a praticarla in tutte le forme possibili”; “chiedono con forza che l’Europa sia presente in modo concreto, immediato e congruo” e che l’Italia promuova, “per l’emergenza, modalità  di lavoro più flessibili, che consentano un’accoglienza che vada al di là  della prima risposta”.
Inoltre invitano “a cogliere le opportunità  presenti in questo momento storico, che impongono la rivisitazione della disciplina sulla cittadinanza e delle norme sul ricongiungimento familiare”.

L’Arci attiva i suoi circoli. Afferma l’associazione: “Dopo l’ennesima riunione odierna con enti locali e regioni, il Governo annuncia un nuovo viaggio di Berlusconi in Tunisia, a riprova che ancora non hanno nessun accordo in mano. E’ sempre più evidente lo stato confusionale in cui versa il governo di fronte all’emergenza accoglienza che sta diventando sempre più  un’emergenza democratica. La situazione di Lampedusa è ancora esplosiva e tante piccole Lampedusa si stanno costruendo in giro per l’Italia, con l’effetto di diffondere nel paese paura e tensione. Le persone vengono trasferite senza che alcun provvedimento sia stato preso a loro carico e senza informarle della loro destinazione. Tenere nell’incertezza sul loro futuro migliaia di persone è un atteggiamento irresponsabile e lesivo dei più elementari diritti umani”.

Non solo: “Nei luoghi individuati per ‘accogliere’ i giovani tunisini, come era logico aspettarsi vista l’assenza di coordinamento con regioni ed enti locali, cresce l’insofferenza delle comunità  locali, che rischia di degenerare in episodi di intolleranza. I nuovi campi di detenzione istituiti al di fuori di qualsiasi previsione di legge, con il conseguente trattenimento illegittimo delle persone detenute, evidenziano l’incapacità  di trovare soluzioni concrete e di buon senso al problema (…). Noi continuiamo a sostenere che ci sono soluzioni possibili per far fronte all’afflusso straordinario di persone dal nord Africa (…)”.
Per questo l’Arci intende attivare la sua rete di più di 5000 circoli territoriali “perché collaborino con i rispettivi enti locali nella promozione di forme di accoglienza diffuse, correttamente inserite nel contesto locale. Non ci limitiamo a denunciare le conseguenze tragiche delle scelte del governo, avanziamo proposte concrete con cui aprire un dialogo con enti locali e regioni”.

 

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