Ciancimino, il Pdl va all’attacco “Commissione d’inchiesta sui pentiti”

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 PALERMO – Massimo Ciancimino resta in cella. Così ha deciso il gip di Parma, che ha convalidato il fermo per calunnia disposto giovedì dai pm di Palermo e ha anche emesso un’ordinanza di custodia in carcere. Ma al presidente dei senatori del Pdl, Maurizio Gasparri, non basta: «Non possono indagare su Ciancimino coloro che ne hanno fatto un oracolo», dice. E lancia un appello che è destinato ad agitare i già  burrascosi rapporti fra le Procure di Palermo e Caltanissetta, che indagano entrambe sulla trattativa e adesso anche sulle calunnie di Ciancimino. «Bisogna lasciar lavorare i pm di Caltanissetta», dice Gasparri, che annuncia per mercoledì una riunione dei senatori del Pdl per quella che chiama «un’offensiva di verità , in commissione antimafia e nel Paese». Il senatore Luigi Compagna anticipa la proposta più forte: una commissione parlamentare di inchiesta sulla gestione dei pentiti. Partirà  dunque già  la settimana prossima l’offensiva del Pdl contro la Procura di Palermo. Il centrodestra vuole bruciare i tempi: il timore è che le ultime indagini su mafia e politica possano far riemergere presto il nome di Silvio Berlusconi. Proprio nelle scorse settimane, il pentito Giovanni Brusca è tornato a parlare con i pm di Palermo degli investimenti di mafia nella Milano degli anni Settanta. Già  ieri mattina, Compagna, Gasparri e il vice presidente vicario del gruppo, Quagliarello, hanno fatto un primo incontro per rendere al più presto operativa la proposta della commissione sui pentiti. È un fuoco di fila di dichiarazioni da parte del Pdl sul caso Ciancimino. Ma non è Ciancimino il principale oggetto della polemica. Piuttosto, ancora una volta, i pm di Palermo, che da due anni raccolgono le sue dichiarazioni e adesso hanno disposto il fermo per calunnia dopo aver scoperto che uno dei biglietti consegnati, quello che faceva riferimento all’ex capo della polizia De Gennaro, era contraffatto. Il vice presidente del deputati Pdl, Osvaldo Napoli, chiede addirittura un intervento del Csm sul procuratore aggiunto Antonio Ingroia. Vittorio Sgarbi rincara: «I pm di Palermo continuano a tutelare Ciancimino, icona dell’antimafia». Il sindaco di Salemi chiede che il supertestimone venga indagato anche per quei 13 candelotti di dinamite trovati nel giardino di casa sua, venerdì. Era stato lo stesso Ciancimino a farli scoprire, spiegando di averli ricevuti nei giorni scorsi assieme a una lettera di minacce: «Non ho denunciato perché avevo paura che si pensasse che sono un mitomane». Sbargi non usa mezzi termini: «E cosa avrebbe detto se fosse esploso il palazzo?». Anche la Procura di Palermo sta vagliando la posizione di Ciancimino a proposito di quei candelotti. Dice Ingroia: «Se l’esplosivo fosse stato innescato, sarebbe potuto saltare in aria l’intero palazzo. Ma non era innescato. Sembra però che vi fosse il pericolo di un autoinnesco accidentale». Ingroia tiene soprattutto a ribadire: «Ci siamo sempre mossi con cautela e prudenza. I documenti in fotocopia, proprio perché manipolabili, non li abbiamo mai ritenuti del tutto attendibili. E poi, Ciancimino non è mai stato ritenuto un collaboratore di giustizia».


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