Carbone pulito, gas e rinnovabili ecco l’energia del dopo-Fukushima

by Editore | 20 Aprile 2011 7:07

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L’energia post-nucleare o, più semplicemente, del dopo Fukushima, non è semplice, ma è possibile. Per l’Italia, anzi, grazie al referendum del 1987, più facile. Proprio perchè non abbiamo centrali atomiche, non dobbiamo, come ad esempio la Germania, affannarci a sostituirne, qui e ora, la produzione: il kilowatt nucleare, nelle nostre case, non sarebbe comunque arrivato prima del 2025-2030 e non avrebbe coperto più del 12-13% dei consumi. In realtà , il governo più che rinunciare al nucleare, lo ha accantonato. In linea di principio, fra un anno, il piano energetico promesso ieri potrebbe riesumarlo. Ma, dopo la retromarcia di ieri, sembra azzardato. Quali vie potrebbe, dunque, indicare il piano energetico 2012 e quali suggerimenti possono venire dagli altri Paesi europei? La premessa da cui partire è che, nonostante la propaganda, il nucleare è una energia costosa, perchè costoso è costruire le centrali che la producono. L’Annual Energy Outlook 2011del dipartimento dell’Energia americano censisce il kilowatt atomico come meno economico non solo di carbone e metano, ma anche dell’eolico. Più che al prezzo, dunque, l’alternativa al nucleare deve rispondere a due requisiti dell’energia atomica: poca anidride carbonica (anche gli antinuclearisti riconoscono che l’atomo produce al massimo un quarto della Co2 del gas e un decimo di quella del carbone) e poca dipendenza energetica (le maggiori riserve di gas al mondo sono in Russia e Iran). La Ccs. La strada su cui punterà  la Germania è, quasi certamente, il carbone ripulito dalla Co2, grazie alla cattura e sequestro dell’anidride carbonica (Ccs). In sostanza, la Co2 viene separata dal carbone, prima o dopo la combustione. Le tecnologie sono note, sperimentazioni sono in corso, anche in Italia, con l’Enel, in Puglia. La Ccs, però, costa. Un kw di carbone con Ccs costa, secondo gli americani, 13,6 centesimi di dollaro, il 30% in più del carbone normale e più del nucleare (11,6 cents). Difficile che le grandi aziende si avventurino nella Ccs senza qualche sussidio pubblico. Anche il gas con Ccs costa il 30% in più del suo omologo sporco. Il prezzo finale (8,9 cents) è, però, comunque più basso del kw atomico. Il vero problema della Ccs, tuttavia, è cosa fare dell’anidride carbonica. L’idea è di stivarla nel sottosuolo, nelle falde di acqua salata profonde: ma, ad oggi, non esistono ancora test affidabili del fatto che rimanga lì. Il metano. Il metano presenta sempre meno l’handicap della dipendenza energetica. Con il ricorso al gas dagli scisti bituminosi (lo “shale gas”) il governo americano calcola che le riserve mondiali siano aumentate almeno del 40%. Il metano, oggi, è economico, abbondante e viene dagli stessi Paesi (Australia, Sudafrica, Usa) da cui viene il carbone. Anche lo shale gas, però, ha un problema. Per frantumare le rocce, l’industria usa additivi chimici che possono inquinare le falde di acqua potabile. Si tratta, ora di stabilire se quegli additivi possono essere sostituiti da preparati innocui. Le rinnovabili. Numerosi studi testimoniano che un futuro al 100% rinnovabili è possibile. Nel 2010, del resto, il mondo ha prodotto più elettricità  da vento e sole che dal nucleare. L’energia eolica, come quella solare, tuttavia, è volatile: c’è quando ci sono sole o vento. Spesso, c’è quando (come di notte) non serve e si spreca. Il miglioramento delle previsioni meteo e delle tecniche di immagazzinamento (ad esempio nelle centrali solari a specchi) sta, pian piano, riducendo questo buco. Ma, alle tecnologie attuali, vento e sole non hanno la stessa affidabilità  – 24 ore su 24, 7 giorni su 7 – di cui ha bisogno un sistema elettrico e che forniscono carbone, gas e nucleare. Il problema, in due parole, è di batterie. Liberare il paese della spesa di decine di miliardi di euro per il nucleare significa poter indirizzare risorse alla ricerca in questo campo e ad una diversa sistemazione della rete elettrica. Sole e vento, se non ci sono da una parte, ci sono da un’altra. Poter ricorrere a centrali di energia alternativa geograficamente diverse può ridurre il problema: esiste un megaprogetto, Desertec, soprattutto tedesco, ma a cui aderisce anche l’Enel, che prevede la fornitura di elettricità  da una serie di centrali solari nel Sahara. Contemporaneamente, si può puntare ancora sul metano: ma, invece di costruire megacentrali a gas, per sostituire quelle nucleari previste, si può pensare ad una rete di piccole centrali, che si limitino a integrare l’elettricità  degli impianti solari e eolici, entrando in funzione solo quando questi non possono produrre.

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