Camera, sì alla prescrizione breve Proteste con la Costituzione alzata

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ROMA — Alla fine, dopo tre settimane di passione e 138 votazioni, la maggioranza porta a casa alla Camera, con un discreto margine di vantaggio (314 sì, 296 no), la legge sulla prescrizione breve per gli incensurati: un testo ritenuto irrinunciabile anche dal governo e che, una volta approvato al Senato, manderà  in archivio in anticipo migliaia di processi, compreso quello in cui Silvio Berlusconi è imputato di aver corrotto l’avvocato inglese David Mills nella sua veste di testimone. L’Associazione nazionali magistrati— che stima in 15 mila i processi a rischio — parla di «sconfitta dello Stato» . Per il presidente dell’Anm, Luca Palamara, «così si rinuncia ad accertare l’eventuale responsabilità  o innocenza di un imputato e contestualmente si nega la giustizia alle vittime del reato» . È soddisfatto invece il Guardasigilli Angelino Alfano. Lui, insieme agli altri ministri, non ha perso un solo scrutinio della legge sulla prescrizione breve e ora, dopo la lunga maratona, si può dedicare — «andando avanti come treni» , per usare le parole del premier — alla «grande riforma costituzionale del Titolo IV» , assegnata già  ieri alle commissioni I e II. E per la quale potrebbero essere indicati due relatori di rango come Gaetano Pecorella e Manlio Contento. L’obiettivo del Pdl, infatti, è quello di voltare in fretta pagina. Il Pd — i cui deputati hanno mostrato in aula una copia della Costituzione al momento del voto— ora annuncia un’opposizione dura anche al Senato. Pier Luigi Bersani parla di «provvedimento vergogna» e di «amnistia mascherata» che porta il governo «a un passo dall’abisso» . Ma a Palazzo Madama il margine di vantaggio della maggioranza non è in pericolo: e quindi si parla di calendarizzare la prescrizione breve già  dopo Pasqua. In coda, però, al cosiddetto «processo lungo» che invece incide sulla lista dei testimoni citati dalla difesa nei processi. Proprio per questa contraddizione nell’iniziativa legislativa in materia di giustizia, anche Pier Ferdinando Casini (Udc) ha attaccato la linea del Guardasigilli: «Alla maggioranza serve, allo stesso tempo, accorciare la prescrizione alla Camera e allungare il processo al Senato perché non persegue un disegno razionale sulla giustizia ma cerca di mettere in sicurezza un singolo imputato» . La battaglia vista alla Camera — in cui la maggioranza ha toccato quota 316 (contro 288) in occasione dello scrutinio segreto chiesto da Antonio Di Pietro — offre comunque a Umberto Bossi l’occasione per rivendicare la coesione della coalizione: «Questo voto dice che i numeri ci sono» . E il coordinatore del Pdl Denis Verdini, trionfante, definisce il partito «una macchina da guerra» . Mentre Arturo Iannaccone rivendica per i Responsabili il merito di aver «evitato il ribaltone» e invoca rispetto. Infatti contro Maria Grazia Siliquini si sono levati i cori dell’opposizione («Alle poste, alle poste,…» , hanno urlato con riferimento alla sua nomina nel Cda di poste italiane» ) e lo stesso è successo a Domenico Scilipoti inseguito da un epiteto dialettale («Munnizza, munnizza» ). Al di là  dell’ostruzionismo messo in atto dal Pd, la seduta ha evidenziato il vero nodo politico irrisolto. Benedetto Della Vedova (Fli) e Pier Ferdinando Casini (Udc), e poi anche Piero Fassino (Pd), hanno detto chiaro e tondo che finora la maggioranza, non ha toccato le riforme per la giustizia utili per i cittadini: l’ufficio del processo, gli aumenti degli organici di giudici e cancellieri, la depenalizzazione dei reati minori. Sia Casini sia Fassino hanno spiegato che l’opposizione non si sottrae al dialogo a patto, però, che non si votino più leggi ad personam. In risposta il capogruppo del Pdl Fabrizio Cicchitto ha però riportato tutti indietro di 17 anni: «Questa legge non è uno scandalo perché ormai qualsiasi intervento sulla giustizia lambisce per forza Berlusconi che dal ’ 94 è sottoposto a un bombardamento giudiziario. È oggetto di una vera persecuzione ad personam» . E noi, ha tuonato Cicchitto parafrasando l’ammonimento di Aldo Moro, «non ci faremo processare nelle piazze» . A quel punto dai banchi del Pd è partito un coro: «P2, P2, P2,…» . Ad urlare dai banchi del Pd c’era anche Rosy Bindi, una dei vice presidenti della Camera: «Nessuno può permettersi di strumentalizzare le parole del presidente Moro» . Questa replica però, pronunciata dallo scranno della presidenza dove la Bindi era intanto dovuta tornare per sostituire Fini, ha innescato un duello con il ministro Raffaele Fitto: «Fatto gravissimo, così la vice presidente dimostra di ledere la terzietà  della carica» .


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