Bombardare la Libia: decisione insensata che nasconde altri interessi
Lo afferma il coordinatore nazionale della Tavola della pace, Flavio Lotti, a fronte del comunicato ufficiale diffuso l’altra sera dal presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, di “aumentare la flessibilità operativa” dei caccia italiani “con azioni mirate contro specifici obiettivi militari selezionati sul territorio libico, nell’intento di contribuire a proteggere la popolazione civile libica”.
“Se è vero che ci sono già dodici paesi che bombardano la Libia, che senso ha che lo faccia anche l’Italia? Qual è il valore militare aggiunto di questa decisione? E poi: bombardare chi? Bombardare cosa? Di quali obiettivi mirati stiamo parlando?” – chiede Lotti. Il coordinatore della Tavola della pace ricorda quindi che “40 giorni di bombardamenti non hanno impedito l’assedio e il massacro di Misurata”. “Quanto tempo deve passare ancora prima che il mondo decida di cambiare strategia? Dov’è finita la coerenza con la risoluzione dell’Onu 1973 che al primo punto chiede a tutti di operare per ‘raggiungere l’immediato cessate il fuoco e la fine di tutte le violenze e gli attacchi contro i civili’? Perché si continua a parlare solo di guerra e non si discute di alcuna iniziativa politica?” – incalza Lotti.
Il coordinatore della Tavola della pace afferma quindi che “invece di partecipare ai bombardamenti, l’Italia dovrebbe mettere in campo una grande iniziativa diplomatica con tre obiettivi prioritari: fermare l’escalation della violenza per fermare la strage di civili, puntare a una tregua che consenta di portare aiuto immediato alla popolazione di Misurata e poi raggiungere il cessate il fuoco. Questo è il tempo di chiudere con i bombardamenti e inviare una vera e propria missione dell’Onu sotto la guida diretta del Segretario Generale in grado di proteggere realmente i civili. Perché non si è ancora attivata la missione europeaEUFOR Libia? “Prigionieri di Gheddafi e della guerra. L’Italia deve aiutare il popolo libico a liberarsi da questa doppia morsa – conclude Lotti. Non c’è obiettivo più importante. Per questo l’Italia dovrebbe diventare il crocevia dell’impegno europeo e internazionale per la pace e la sicurezza umana nel Mediterraneo. Ma per ottenere questo risultato servono credibilità , coraggio e lungimiranza. Doti più rare della pace che nessuno riesce più a invocare”.
Numerose le prese di posizioni delle associazioni contro la decisione del capo del Governo. Già nella serata di martedì, Emergency aveva diffuso un comunicato con la quale ricordava che “le bombe non sono uno strumento per proteggere i civili: infatti non sono servite a proteggere la popolazione di Misurata”. L’associazione denunciava quindi che “il governo italiano continua a delinquere contro la Costituzione e sceglie la data del 25 aprile per precipitare il Paese in una nuova spirale di violenza”. A seguito dell’impossibilità di continuare le operazioni di soccorso ai feriti dei combattimenti Emergencycomunicava la decisione di spostare il proprio team medico a Malta in attesa di poter riprendere l’intervento umanitario in Libia.
Per l’Arci “i bombardamenti dell’Italia non hanno nulla di umanitario, sono dettati solo da interessi economici, energetici e strategici”. “Diversi possono essere i motivi, ma nemmeno uno rientra nell’applicazione della risoluzione Onu 1973. Per quanto ambigua e contraddittoria, quella risoluzione in nessun caso può essere letta come un invito ad azioni di guerra” – sottolinea la nota dell’Arci. “La guerra sostituisce la politica per perseguire obiettivi che neppure possono essere dichiarati tanto sono bassamente strumentali”. “Se il Governo Italiano avesse una politica umanitaria per la democrazia nei paesi arabi si batterebbe per l’apertura di corridori umanitari per i profughi, agirebbe per fermare la repressione in Siria, aiuterebbe concretamente la transizione democratica in Tunisia, fermerebbe i respingimenti dei migranti alle frontiere e li accoglierebbe in modo umano e dignitoso” – afferma l’associazione che chiede di intensificare l’impegno, insieme alle organizzazioni sociali democratiche pacifiste, solidali, antirazziste perché la parola ritorni alla politica, ai popoli e a chi davvero lavora per la pace e la giustizia”.
Anche le Acli sono contrarie ai bombardamenti italiani alla Libia. “L’Italia – ricorda il presidente delle Acli, Andrea Olivero – non è infatti un Paese come gli altri rispetto alla Libia. Da ex potenza coloniale dovremmo avere maggior cautela a intraprendere direttamente operazioni militari dopo gli eccidi compiuti nel secolo scorso. Impegniamoci semmai con maggiore generosità nell’accoglienza dei profughi, manifestando concreta amicizia al popolo libico. Un compito non meno gravoso che lanciare dal cielo bombe che intelligenti non sono mai”. Per il presidente delle Acli “l’impegno militare italiano sarebbe invece accettabile per l’apertura di corridoi umanitari. “Da tempo – afferma Olivero – chiediamo con altre organizzazioni un intervento urgente per la protezione e l’evacuazione dei rifugiati provenienti dall’Africa Sub-Sahariana, in particolare dal Corno d’Africa, che si trovano intrappolati in Libia e minacciati da tutte le parti in conflitto, così come per quelli che hanno già raggiunto il confine libico-tunisino e che non hanno possibilità di ottenere una effettiva protezione in Tunisia”.
Il Consiglio nazionale di Pax Christi evidenzia che “nel momento in cui si pensa alle armi come strumento principale di intervento, la politica celebra il suo vuoto totale, esalta la sua nullità ”. Inoltre, si legge in un comunicato, “la guerra sta sparendo dalle nostre preoccupazioni. Sembra che temiamo solo i profughi perché potrebbero raggiungere le nostre coste”. L’associazione annuncia perciò che promuoverà “una riflessione operativa con altri movimenti sulla nonviolenza come arte politica e scienza della pace”
Infine, Francesco Vignarca coordinatore della Rete italiana Disarmo sottolinea le contraddizioni delgoverno italiano che negli ultimi tre anni è stato il principale fornitore europeo di armi alla Libia di Gheddafi. “Chi oggi vuole bombardare la Libia, fino a ieri armava il regime di Gheddafi” – nota Vignarca ricordando che “solo nel 2009 l’Italia ha venduto agli apparati di sicurezza del rais libico oltre 11mila tra fucili e pistole, oltre a missili, elicotteri e contraerea. Ora che facciamo, colpiamo le stesse armi che gli abbiamo venduto?”.
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