Bengasi, la gioia degli insorti Tripoli martellata dall’Alleanza
BENGASI – «Una decisione coraggiosa». «Un gesto che riscatta Berlusconi». «Una mossa che rompe con ogni ambiguità ». L’annuncio che l’Italia parteciperà ai bombardamenti Nato sulla Libia raccoglie, com’è ovvio, il plauso delle forze democratiche della Cirenaica ormai logorate da una guerra per loro sempre più cruenta. «Il premier Berlusconi s’era già guadagnato la fiducia degli insorti riconoscendo la legittimità del nostro Consiglio nazionale di transizione, ma la telefonata a Obama lo rende ai nostri occhi un grande amico della Libia come lo sono il presidente Sarkozy e l’emiro del Qatar», spiega Abdelkader Kadura, professore di Giurisprudenza all’Università di Bengasi e molto vicino a Mohammed Abdul Jalil, capo del governo provvisorio di Bengasi. «Sono un pacifista ma i raid aerei contro le truppe di Gheddafi a Misurata e nell’Ovest del Paese mi sembrano necessari per evitare altri massacri di civili e mi rende felice l’idea che adesso vi parteciperà anche l’Italia», dice Abdussalam Darz che nel 1994 conseguì un dottorato alla Facoltà di architettura di Venezia e che oggi lavora a Bengasi per l’organizzazione umanitaria “17 febbraio”. Tutti si chiedono, intanto, dove si nasconde Muammar Gheddafi. E dov’era l’altra notte, quando con precisione millimetrica i caccia della Nato hanno colpito a Tripoli il cuore del potere, distruggendo l’edificio del bunker di Bab Al Aziziya usato dal Colonnello per le riunioni di lavoro. O dov’era ieri sera, quando altre tre violente esplosioni si sono sentite nella zona est della città . Nell’attacco al bunker, Gheddafi s’è salvato, ma sarebbero morte almeno 3 persone. In serata, un Colonnello sorridente s’è fatto riprendere dalle telecamere mentre abbracciava i capi delle tribù a lui ancora fedeli. «È di ottimo umore», ha dichiarato il suo portavoce, Mussa Ibrahim, aggiungendo che le vittime dell’attacco sono impiegati e guardie della sicurezza. Dal canto suo, la Nato ha confermato di aver compiuto raid nel centro di Tripoli, ma non per distruggere l’ufficio di Gheddafi bensì un quartiere generale delle comunicazioni usato per coordinare attacchi contro i civili. «Al contrario delle forze pro-Gheddafi, noi continuiamo a fare tutti gli sforzi per ridurre la possibilità di fare vittime civili», dice un comunicato dell’Alleanza atlantica. Per il Colonnello è intervenuto il figlio, Seif Al Islam Gheddafi, sostenendo che la missione della Nato in Libia è solo una battaglia persa e i raid compiuti contro gli obiettivi di Tripoli «spaventano soltanto i bambini». «La Nato è appoggiata da spie e traditori e la Storia dimostra che nessuno Stato può fare affidamento su di loro e vincere, perciò è impossibile che ci inducano ad alzare bandiera bianca», ha detto Seif Al Islam. Vuoi per vendicarsi dei razzi contro il suo ufficio vuoi per riconquistare l’ultima roccaforte degli insorti in Tripolitania, ieri il Colonnello ha ordinato di cannoneggiare nuovamente la città di Misurata, dopo che sabato scorso aveva invece promesso il ritiro delle sue truppe dal più sanguinario assedio dall’inizio della rivolta libica. Questa è la testimonianza di Ahmed Al Qadi, ingegnere della città martire: «Dalle prime ora della mattinata è in corso un bombardamento molto intenso e casuale sulle zone abitate. Numerosi corpi bruciati sono stati portati all’ospedale cittadino». La ripresa del martellamento dell’artiglieria di Gheddafi su Misurata ha provocato, in meno di 12 ore, 30 morti e 60 feriti. Ma nel pomeriggio gli insorti hanno annunciato di aver respinto l’assalto delle forze del Colonnello dalla “Sarajevo libica”, che rimane però sotto una pioggia di obici sparati dalle postazioni in periferia. E anche Emergency ha lasciato la città : «Tra sabato e domenica – spiega in un comunicato l’associazione umanitaria – sono arrivati all’ospedale Hikmat 200 feriti e oltre 60 morti». I sette membri del team Emergency – a Misurata dal 10 aprile – sono partiti verso Malta: «Le bombe non proteggono i civili». Critiche anche alle scelte del governo italiano: «Continua a delinquere contro la Costituzione e sceglie la data del 25 aprile per precipitare il Paese in una nuova spirale di violenza». Sempre ieri, le truppe di Gheddafi hanno ucciso civili anche a Zintan, città ribelle a Sud-Ovest di Tripoli. Qui, i soldati lealisti hanno lanciato una decina di missili Grad che hanno colpito alcune abitazioni. Il bilancio dell’offensiva è stato di 4 morti e 9 feriti. Come in molti altri luoghi della Libia la rivolta continua a covare anche a Zintan, nonostante la violenta repressione operata dalle forze lealiste nelle ultime settimane. Le forze democratiche avrebbero invece conquistato le colline che affacciano su Tripoli, dalle quali Gheddafi prese la capitale 42 anni fa.
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