by Editore | 5 Aprile 2011 7:51
La “difficile congiuntura economica” – spiega il rapporto – ha significato nel 2010 una flessione del 41% delle autorizzazioni all’esportazione che sono scese dagli oltre 4,9 miliardi di euro del 2009[1] ai poco più di 2,9 miliardi di euro del 2010. Il “decremento significativo” del valore delle autorizzazioni alle esportazioni, al netto delle autorizzazioni per i programmi intergovernativi, contro l’aumento del 61% dell’anno precedente va attribuito – afferma il Governo – “da un lato al progressivo esaurimento di alcuni programmi governativi europei di cooperazione e dall’altro ad un minor numero di commesse internazionali correlabile alla difficile congiuntura economica”.
Una situazione che si è abbattuta un po’ su tutto il settore, ma che non si è tramutata in una crisi per l’industria militare, tutt’altro. Il comparto militare ha infatti continuato lo scorso anno a lavorare a pieno ritmo per far fronte sia alle nuove commesse sia a quelle già autorizzate negli anni precedenti tanto che leconsegne effettive di armamenti nel 2010 hanno raggiunto la cifra record degli ultimi vent’anni: si tratta quasi 2,8 miliardi di euro, a fronte dei 2,2 miliardi di euro del 2009, con un incremento del 24,9%. Il trend delle effettive consegne di materiali d’armamento è in costante crescita nell’ultimo decennio: si passa – in valori costanti – dai circa 500 milioni di euro del 2004 a quasi 2,8 miliardi di euro nel 2010 con un incremento in otto anni pari al 460%.
A risentire della crisi finanziaria sono state soprattutto le economie avanzate del Nord del mondo e, principalmente, i paesi europei e della Nato. E’ proprio in quest’area che nel 2010 si è registrato un vero crollo degli ordinativi militari italiani e di conseguenza delle autorizzazioni governative: si è passati dagli oltre 2,3 miliardi di euro di autorizzazioni all’export del 2009 ai poco più di 979 milioni di euro del 2010 che segnano più che un dimezzamento (meno 57,4%) in un solo anno (p. 28). Anche verso i paesi UE/Nato, però, sono aumentate le consegne effettive di armamenti che sono passate dagli 1,3 miliardi di euro del 2009 agli oltre 1,6 miliardi di euro del 2010.
Il crollo principale si è verificato nei “programmi intergovernativi” (Tabella 11) – contabilizzati a parte rispetto alle autorizzazioni all’esportazione – che nella quasi totalità riguardano appunto i paesi dell’Unione Europea e della Nato : si è passati dagli 1,8 miliardi di euro del 2009 a poco più di 345 milioni del 2010, un crollo cioè di oltre un quinto di ordinativi (meno 81%).
Nord Africa e Medio Oriente sono stati nel 2010 i principali acquirenti di armamenti italiani (Tabella 5). Nel 2010 verso i paesi di quest’area sono state rilasciate autorizzazioni all’esportazione per un valore complessivo di oltre 1,4 miliardi di euro (il 49,1%) più del doppio di quelle rilasciate ai paesi europei (compresa la Turchia) che sommano a meno di 715 milioni di euro (il 24,6%). “La presenza dell’industria italiana per la difesa in alcuni mercati del Vicino e soprattutto del Medio Oriente si è sostanzialmente rafforzata” – afferma la Relazione. “Il valore delle operazioni autorizzate verso i Paesi dell’area di 1,4 miliardi di euro è risultato inferiore rispetto a quello registrato nel 2009 (1,9 miliardi di euro) ma ha comportato una crescita dell’area al 49,1% del totale contro il 39,5% del 2009”.
I “principali partners commerciali” dell’industria militare italiana sono stati nel 2010 gli Emirati Arabi Unitiche con 477 milioni di euro (il 14,7%) risultano il primo acquirente in assoluto: gli Emiri acquistano un po’ di tutto dalle munizioni agli aeromobili agli apparecchi per la direzione del tiro. Segue l’Arabia Saudita con 432 milioni di euro (il 13,3%) che ha acquistato bombe, siluri, razzi, aeromobili e ancora strumenti per la direzione del tiro; e quindi l’Algeria con 343 milioni di euro per non ben specificate “apparecchiature elettroniche”.
Rimanendo nell’area nord africana va segnata la riduzione di commesse da parte della Libia (quasi 38 milioni di euro rispetto ai 112 milioni del 2009[2]): al regime di Gheddafi sono però stati consegnati fino al dicembre scorso oltre 100,6 milioni di euro di armamenti tra cui “bombe, siluri e razzi” già autorizzati in precedenza e “veicoli terrestri” e “aeromobili” di nuove commesse. Se nel 2010 hanno visto un forte calo gli ordinativi dell’Egitto (meno di 11 milioni di euro) le armi effettivamente consegnate al Cairo hanno invece superato i 45 milioni di euro (Tabella 8). Discorso simile anche per il Marocco che nel 2010 ha ricevuto autorizzazioni per circa 11 milioni di euro , ma ha ricevuto consegne di materiali militari per quasi 59 milioni di euro (Tabella 8) che risalgono, anche in questo caso, ad autorizzazioni precedenti.
Tornando all’area medio orientale vanno segnalate le vendite di armi all’Oman: si tratta di autorizzazioni per oltre 79 milioni di euro e di consegne per quasi 45 milioni di euro. Il Qatar ha ricevuto armamenti italiani per quasi 68 milioni di euro mentre le autorizzazioni sono state di appena 5,6 milioni di euro ma – si noti – solo per “armi di calibro superiore ai 12,7 mm”. Al Kuwait sono state autorizzate commesse per 33 milioni di euro e a Israele per circa 1,3 milioni di euro.
Significativa, inoltre, anche la sostanziale equivalenza tra le autorizzazioni rilasciate alle economie avanzate del Nord America (Stati Uniti e Canada) e quelle concesse ai paesi asiatici: si tratta rispettivamente di 302 milioni di euro (il 10,4%) e di 297 milioni di euro (il 10,2%). Tra i principali acquirenti del continente asiatico figurano l’India (147 milioni di euro di autorizzazioni e ben 171 milioni di euro di consegne), Singapore (autorizzazioni per 83 milioni di euro e consegne per quasi 34 milioni di euro), laMalaysia (solo 6 milioni di euro di nuove autorizzazioni ma ben 105 milioni di euro di consegne) e ilPakistan (circa 5,6 milioni di euro di autorizzazioni e oltre 53 milioni di euro di consegne.
In definitiva la “crisi” si affaccia anche in questo settore, ma non riguarda il principale gruppo dell’industria militare italiana. Finmeccanica, infatti, attraverso le aziende del gruppo è sempre in testa nelle commesse per armamenti: si tratta di autorizzazioni ad Alenia aeronautica (574 milioni di euro), seguita dalla Agusta (541 milioni), Whitehead Alenia (267 milioni) e, a parte Fincantieri (201 milioni), ancora Finmeccanica con le controllate Mbda Italia (188 milioni) e Oto Melara (187 milioni) ma anche Selex Sistemi Integrati (92 milioni). Tra le altre aziende italiane figurano Microtecnica (136 milioni), Elettronica spa (118 milioni) e Avio (84 milioni).
Come da alcuni anni, occorrerà attendere la pubblicazione dell’intera Relazione della Presidenza del Consiglio per conoscere l’attività degli istituti di credito nelle operazioni relative all’esportazione di armamenti. Dal Rapporto si può apprendere solo l’ammontare complessivo delle autorizzazioni ad esse rilasciate: quelle per esportazioni definitive superano i 3 miliardi di euro, in calo rispetto al 2009 quando erano state di quasi 3,8 miliardi di euro (p. 32). Sono più che raddoppiati, invece, i “compensi di intermediazione” che sono passati dai 36 milioni di euro del 2009 a circa 95 milioni di euro. Un ulteriore segnale che le banche cercano di far fronte alla crisi finanziaria recuperando un po’ di quattrini anche dall’industria militare.
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