Alba piange Pietro Ferrero un’intera città in piazza per l’addio
ALBA (CN) – Non sono le cento rose rosse con il nastro di Alberto II di Monaco, gli occhi lucidi di Paola di Liegi, regina del Belgio, le parole di ammirazione del Segretario di Stato vaticano Tarcisio Bertone: «Siete una bella famiglia di cristiani e imprenditori». Non è nemmeno l’abbraccio sinceramente commosso di Silvio Berlusconi a un padre ottantenne che va a seppellire il figlio. Il funerale di Pietro Ferrero è soprattutto nel lungo applauso che sale dalla piazza del Duomo e dall’intera città quando il fratello Giovanni legge l’orazione, una vera presa di testimone, un’assunzione di responsabilità : «Pietro, il tuo non sarà un destino infranto, un’opera lasciata a metà . Con orgoglio tutti noi ti promettiamo qui di continuare a scrivere ancora pagine di successo di questa nostra opera». Stipata nelle vie del suo antico centro storico, Alba si commuove e applaude caricando sulle spalle di Giovanni Ferrero il compito di garantirle il futuro. E quell’applauso supera il portale medievale del Duomo sbarrato dalla ferrea riservatezza di una famiglia che è riuscita a entrare nelle case di tutto il mondo rimanendo ostinatamente fuori dal circo mediatico. Sono quasi in trentamila ad assistere al primo funerale pubblico a porte chiuse, tutti incollati ai maxischermi in attesa che la messa finisca, i battenti del Duomo si spalanchino e tutta la città si riversi in corteo verso il cimitero. Alba chiude con quell’omaggio i giorni dello stupore per il brusco interrompersi della continuità dinastica alla guida dell’impero dolciario, uno dei marchi del made in Italy nel mondo. Un’azienda familiare che oggi ha 20 mila dipendenti nei quattro continenti. Nella fabbrica sulle rive del Tanaro, nel piazzale di carico delle materie prime dove martedì è stata allestita la camera ardente, c’erano corone di fiori provenienti dall’Australia e dagli Stati Uniti, dalla Germania e da quel Sudafrica dove il 18 aprile Pietro Ferrero è morto stroncato da un infarto. Un altro lutto che colpisce le dinastie familiari italiane, un’altra morte che mette in discussione il futuro per il territorio che a quelle aziende deve il suo sviluppo. Il corteo che a fine mattinata raggiunge il cimitero rappresenta quel legame: dietro il carro funebre sfilano i cento sindaci della Langa e del Roero, in rappresentanza dei tanti piccoli paesini che devono la loro prosperità all’economia della nocciola e alla Nutella. Solo dietro quei sindaci ci sono i grandi nomi della finanza italiana: dall’amministratore delegato di Mediobanca, Alberto Nagel, all’immobiliarista Luigi Zunino, a Carlo Pesenti e a Filippo Ferrua, vicepresidente di Ferrero e presidente di Federalimentare. Sul sagrato del Duomo c’è anche Franzo Grande Stevens: «Ho lavorato una vita con Michele Ferrero – ricorda l’avvocato – e insieme abbiamo risolto alcuni problemi difficili. I due figli, Pietro e Giovanni, sono sempre stati persone molto diverse. Pietro era più portato verso l’industria, Giovanni verso la parte distributiva». Riuscirà Giovanni, un manager che «ha anche una vena da romanziere», a prendere il comando dell’azienda? Questo si chiede in questi giorni la piccola capitale delle Langhe. Per il momento è ancora attivo il padre, Michele Ferrero, l’uomo che nel dopoguerra riuscì a trasformare una piccola pasticceria di famiglia nella multinazionale della Nutella. Michele ha compiuto martedì 86 anni. Di lui, fino a questi giorni, circolavano pochissime fotografie. Aveva fatto della riservatezza un marchio di fabbrica. Ieri, quando il corteo funebre si è fermato di fronte alla sede della Fondazione Ferrero, con tutti i dipendenti in strada ad applaudire il feretro, anche l’anziano patriarca ha fatto uno strappo alla regola: ha aperto la portiera della Maserati ed è sceso per qualche attimo a salutare la folla. Solo nel pomeriggio Alba è tornata alla normalità . Per tutta la mattina i negozi avevano tenuto abbassate le saracinesche, con la foto di Pietro Ferrero a rendere tutte uguali le decine di vetrine spente in via Vittorio Emanuele, la principale strada dello shopping. Per due giorni anche la fabbrica del cioccolato si è fermata, quella che nei giorni scorsi il sindaco, Maurizio Marello, aveva definito «l’impresa che ha portato via la povertà dalle Langhe». Da oggi tutto riprende a vivere. E Giovanni Ferrero, che dovrà tornare ad abitare in Piemonte dopo una vita trascorsa in Belgio, avrà da vincere tra queste colline la sua sfida più difficile. Nel Duomo, ormai abbandonato dalle auto blu delle autorità , rimangono venti corone di fiori, come cartoline in arrivo da tutto il mondo. La più lontana è stata spedita dai dipendenti Ferrero di Lithgow, in Australia. A tutti, ai langaroli e agli australiani, la famiglia ha risposto ieri pomeriggio su Facebook: «Solo tre parole: grazie a tutti». Lo ha fatto sulla pagina di Pietro, ritratto sorridente con una manciata di cioccolatini. E nel giro di pochi minuti ha avuto migliaia di risposte. Succede così nelle imprese glocal, con le radici tra i noccioleti del Piemonte e le fabbriche sparse in tutto il mondo.
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