Acli: “Per i migranti serve un piano di cooperazione non accordi scellerati”

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Con un documento approvato dal Consiglio nazionaledell’associazione, le Acli chiedono il ripristino dei fondi per la cooperazione allo sviluppo “in misura quanto meno pari agli impegni assunti dal Paese negli appuntamenti internazionali”. “L’ultima finanziaria – spiega Olivero – ha ridotto questi fondi del 45%, raggiungendo il record negativo di 179 milioni di euro per il 2011. La cifra più bassa degli ultimi 20 anni. Eppure lo stesso ministro dell’Economia Tremonti ha dichiarato nei giorni scorsi in tv di voler “prevenire l’immigrazione con progetti di sviluppo nei Paesi di provenienza dei migranti”. Noi siamo convinti da sempre che questa sia la strada da percorrere. Finora i passi del governo sono andati nella direzione opposta”.

Per quanto riguarda gli immigrati arrivati in Italia via mare, le Acli ribadiscono la proposta – che proprio ieri sembra aver trovato il sostegno dell’Unione europea – di un “provvedimento straordinario di protezione temporanea”, e assicurano il proprio impegno “per favorire il crearsi di occasioni di dialogo, iniziative di relazione umana, di accoglienza solidale e dignitosa sia attraverso i propri circoli, servizi e le altre strutture territoriali, sia nei luoghi di accoglienza istituzionale, sia in quelli messi a disposizione dalle Diocesi”. “La forma più efficace di diplomazia è la solidarietà ” – afferma il presidente delle Acli. “L’amicizia con i popoli del Mediterraneo non si costruisce con i baciamano ai despoti e i patti scellerati, ma nasce dall’accoglienza e il rispetto che sappiamo assicurare a quanti raggiungono le nostre coste mossi dalla disperazione”.

Affrontando la questione della Libia, il documento delle Acli chiede un “immediato cessate il fuoco” con il comando delle operazioni all’Onu e “una ripresa delle armi della diplomazia”; la “sospensione di ogni forma di commercio di armi e cooperazione militare con Paesi in situazione di regime, conflitto o condizioni stabili di violazioni dei diritti umani”; l’avvio di un percorso per offrire ai Paesi del Maghreb “una prospettiva di integrazione politica ed economica europea simile a quella che venne fatta per i popoli dell’Est dopo il 1989”.

Nei giorni scorsi è intervenuto anche il Consiglio Italiano per i Rifugiati (CIR) che ha chiesto di “concedere a tutti i tunisini arrivati in questo periodo in Italia un permesso di soggiorno per protezione temporanea e richiedere lo stesso trattamento alla Francia e agli altri Stati Europei”. “L’attuale caos – continua la nota – l’accoglienza non dignitosa e inadeguata e la confusione nell’opinione pubblica sono il risultato innanzitutto del fatto che da parte del Governo non c’è alcuna chiarezza sullo status giuridico delle persone arrivate in questi ultimi due mesi dalla Tunisia”. Il CIR insiste affinché le leggi vigenti siano applicate scrupolosamente. “Questo include il divieto di trattenere le persone per più di 48 ore senza ordine del giudice; di rispettare anche in situazioni di vera o presunta emergenza i diritti elementari e la dignità  delle persone; la protezione dei minori, dei malati, delle donne in stato di gravidanza”.

Sulla questione dei flussi migratori è intervenuto anche padre Giovanni La Manna, presidente delCentro Astalli, la sezione italiana del Jesuit Refugee Service per denunciare gli “indegni accordi” sottoscritti col colonnello Gheddafi. “I flussi migratori non si possono fermare, avevano subito uno stop solo grazie agli accordi indegni sottoscritti con la Libia e ora che le donne africane stanno arrivando sulle nostre coste e raccontano di quello che accadeva nei centri di raccolta e detenzione libici, ci accorgiamo di come andavano le cose” – ha detto padre La Manna all’agenzia AdnKronos.

“Le donne somale o etiopi – ha aggiunto – raccontano ora di come venissero violentate nei centri di detenzione in Libia, ci dicono che ogni volta che facevano la doccia scattava la violenza e di come si erano organizzate a gruppi di tre o quattro per potersi lavare e difendere. È ora che la gente si renda conto della gravità  dei fatti che stano accadendo anche i cattolici dovrebbero indignarsi fortemente, perché si può pure parlare di distribuzione dei migranti in Europa, ma in primo luogo bisogna salvare le vite, raccogliere chi arriva con mezzi di fortuna, questo è un dovere, altrimenti qui morti pesano sulla nostra coscienza”. Secondo il gesuita, in prima linea sul fronte dell’accoglienza profughi, “’gli arrivi proseguiranno, tanto più che si va incontro all’estate e le condizioni sono più favorevoli. E dobbiamo tenere presente che se ora parliamo di emergenza tra un mese questo non sarà  più possibile”.

Come anche denunciato da Amnesty International, padre La Manna sostiene che “non c’era alcun piano di accoglienza, questo è evidente: il caos di Lampedusa è stato determinato anche da questo. Se si fosse detto subito quello che si sta provando a dire ora, e cioè che i tunisini hanno diritto a una ‘protezione temporanea o umanitaria’, ora non saremmo in questa situazione e molti di loro avrebbero da tempo lasciato il nostro Paese”.


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