Accordo coalizione-ribelli “Petrolio in cambio di aiuti”
Gheddafi deve lasciare il potere. Per la prima volta dall’inizio dell’intervento in Libia, la comunità internazionale chiede esplicitamente al Colonnello libico di farsi da parte. Lo fa a Doha al primo incontro del neonato “gruppo di contatto” formato da Stati Uniti, Lega Araba, Unione africana e circa 16 Paesi di Europa e Medio Oriente. «Gheddafi e il suo regime hanno perso ogni legittimità . Deve lasciare il potere permettendo al popolo libico di determinare il proprio futuro», si legge nel comunicato finale che cita anche «l’istituzione di un meccanismo finanziario temporaneo» per dotare il Consiglio nazionale di transizione (Cnt), l’organo politico dei ribelli, «di mezzi per gestire gli aiuti e rispondere ai bisogni urgenti» della popolazione nelle regioni sotto il suo controllo. Dietro all’apparente consenso finale, la riunione però è stata contrassegnata dalle consuete divisioni tra “Falchi” e “Colombe” della Nato: da un lato Gran Bretagna e Francia che premevano per una maggiore partecipazione dei membri dell’Alleanza ai raid aerei e per armare i ribelli, possibilità sostenuta anche dal ministro italiano degli Esteri Franco Frattini; dall’altro Belgio e Paesi Bassi, contrari all’armamento di civili e la Germania scettica sulla proposta avanzata dall’Italia – che a inizio maggio ospiterà il secondo vertice- di usare i beni libici congelati per creare un fondo pro-ribelli. «Il popolo libico ha bisogno di medicine e di altri mezzi per resistere», ha ribadito Hamad bin Khalifa, emiro del Qatar che insieme alla Gran Bretagna co-presiedeva la riunione, senza tuttavia specificare se tra gli “altri mezzi” fossero incluse anche armi. Che in Libia ci sia bisogno di assistenza umanitaria per circa 3,6 milioni di persone, oltre la metà della popolazione, è stato ricordato anche dal segretario Onu Ban Ki-moon. Alla vigilia dell’incontro lo stesso Cnt aveva chiesto 1,5 miliardi di dollari in aiuti umanitari per la popolazione civile offrendo in cambio forniture di petrolio. Presente al vertice anche l’ex ministro degli Esteri libico Mussa Kussa, incaricato di mediare con i ribelli, mentre il suo successore Abdelati Laabidi volava prima in Tunisia e poi a Cipro – contraria all’intervento militare – dove oggi incontrerà il suo omologo cipriota Marcos Kyprianou. Intanto in Libia proseguivano i combattimenti e raid: le forze ribelli riprendevano il controllo della città di Ajdabiya, a 160 chilometri da Bengasi, mentre le forze della coalizione bombardavano Tripoli, Misurata e Sirte, la città natale del Colonnello.
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