by Editore | 7 Aprile 2011 6:29
Senza un segno che distingua un profugo da un clandestino, che distingua le ossa di uno dalle infinite altre che la morte semina in mare e in terra. Sono venuti da lontano, all’appuntamento con l’ultimo mare – in vista di tante isole felici, di tanti solidi bastimenti. Hanno un’intera mappa di violenze, persecuzioni, carestie, tatuata addosso: Somalia, Eritrea, Etiopia, Darfur, Ciad, Nigeria, Costa d’Avorio… Sono eroi, dell’eroismo che si misura sul numero di guerre dalle quali si è fuggiti, sulle frontiere attraversate e il dazio pagato ai predoni che le presidiano. In Libia avevano già trovato il saccheggio e gli stupri e la schiavitù: e ora un’ennesima guerra. Sembrava averli sciolti, aver sgombrato l’accesso alla costa e al mare. Militi ignoti di nessuna milizia, del desiderio di una vita normale in un mondo in cui inseguire una vita normale vuol dire passare il Sahara e i lager e il mare, e ogni volta pagare ed essere spogliati ed essere violentate. Quattrocento dollari, solo l’ultima tratta. Tutto questo c’è stato, prima che il mare si richiudesse su loro e li rigettasse a galla con le braccia spalancate di poveri cristi d’acqua. Se non si fosse alzata la burrasca, se avessero toccato terra, sarebbero passati tra due file: di poliziotti, di volontari, di medici, di cittadini solidali sì ma perché proprio qui, e così via, chissà per quanto ancora, forse per sempre, una vita intera fra due file. «Eravamo 370». Viene da riscriverlo, l’inizio del racconto del superstite che ha perso tutto, per vergogna della cifra: «Eravamo trecentosettanta», in lettere va già meglio, lascia tirare il fiato. “C’era una volta un bastimento …”, comincia a dire il vecchio marinaio della più famosa Ballata. “Duecento uomini viventi – e io non udii né un sospiro né un gemito”. Ieri sono risuonati ai gridi e lamenti. Non c’era un colpevole tra gli annegati di ieri, non un marinaio che avesse ammazzato l’albatros, e a pilotare il barcone da strapazzo ci sarà stato un navigante da strapazzo, e chissà se è dei vivi o dei morti. Trecentosettanta a quattrocento dollari l’uno (anche i dollari vanno scritti per esteso, quando comprano la morte), chissà se si fanno tariffe scontate per i bambini, e la donna scampata all’ottavo mese avrà pagato per uno o per due. Non vale la pena, benché sia quasi irresistibile, la tentazione di fare del sarcasmo su chi li vuole fuori dai coglioni, questi animali migratori che risalgono la corrente di sabbia e d’acqua, su chi li guarda dritto nelle scarpe e le scopre firmate – che vista. Ma ricordarsi di loro, dei bambini e delle donne e degli uomini morti, e quando si incrociano i loro compagni di viaggio vivi guardarli dritto negli occhi, e diventare capaci di vedergli nello sguardo i deserti di sabbia e d’acqua salata che hanno attraversato per arrivare fin qui.
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