by Editore | 23 Marzo 2011 8:06
ROMA – Ore trattative frenetiche tra il Pdl e il Pd per una risoluzione parlamentare sulla Libia da votare oggi in modo bipartisan. Impresa tutta in salita, perché di mezzo c’è la Lega, che ha posto come condizione per il suo “sì” all’intervento militare di inserire la questione del blocco navale, ovvero dello stop agli immigrati dalla regione nordafricana. E infatti stamane – prima del dibattito pomeridiano al Senato – ci sarà il vertice tra il Pdl e i leghisti per trovare l’accordo. D’altra parte, né il governo né l’opposizione possono ignorare l’invito di Napolitano. Il presidente della Repubblica ha ribadito più volte che il dibattito alle Camere sulla Libia deve rispondere al requisito della chiarezza, della coerenza e soprattutto puntare al massimo della convergenza. Napolitano ha sentito sia il governo sia il segretario democratico, Pier Luigi Bersani. Che la strada da percorrere sia quella indicata dal capo dello Stato è condiviso dalle forze politiche, ovvero un comando unificato sotto il segno della Nato, «che rappresenta la soluzione più appropriata» per un’azione che «è esigenza imprescindibile sostenuta in piena sintonia con Stati Uniti, Regno Unito e altri alleati». Quindi oggi è arreso il primo via libera parlamentare. Ma nell’aula del Senato non sarà il premier Berlusconi a prendere la parola. A rappresentare il governo ci saranno i ministri degli Esteri e della Difesa, Franco Frattini e Ignazio La Russa. Su questo scoppia la bagarre. Anna Finocchiaro, la capogruppo democratica, incalza: «Venga anche un altro giorno, ma venga, è indispensabile, come hanno fatto tutti i capi di governo coinvolti». Il vice del Pd, Luigi Zanda rincara: «Il presidente del Consiglio ha paura di parlare in pubblico, ha paura del Parlamento». Anche D’Alia (Udc) e Belisario (Idv) attaccano. «Sono solo inutili strumentalizzazioni», ribatte Federico Bricolo, il presidente dei senatori lumbà rd. Non è il clima migliore per realizzare quell’intesa di cui, poco prima, il vice capogruppo Pdl, Gaetano Quagliariello andava parlando. «Vi proporremo di votare con noi», aveva proposto. C’è l’apertura del Pd, ma a patto che la risoluzione sia uguale a quella che venerdì scorso è stata votata dalle commissioni esteri e difesa congiunte e nella quale si impegnava il governo ad agire «a protezione delle popolazioni della regione nello scrupoloso rispetto della risoluzione Onu 1973», compresa «la concessione in uso di basi sul territorio nazionale». La scorsa settimana però, il Carroccio abbandonò la commissione e i dipietristi si smarcarono votando una loro mozione. Alla Camera, Fabrizio Cicchitto, Pdl, ha sondato ieri Dario Franceschini, capogruppo democratico. «Anche il Pd è favorevole a un voto bipartisan se non si fanno cose pasticciate per accontentare la Lega», ha spiegato Franceschini. In entrambi gli schieramenti ci sono incognite e distinguo. Il centrodestra è diviso; i Democratici hanno convocato stamani alle 9 un “caminetto”, cioè la riunione dei leader del partito, e subito dopo l’assemblea dei gruppi parlamentari. Pre-riunione dei gruppi, il Popolare Beppe Fioroni chiamerà a raccolta i suoi e altri cattolici contrari all’intervento militare (ma Fioroni sostiene che li convincerà ad allinearsi) e che soprattutto non vogliono sentire parlare di una eventuale risoluzione bipartisan. Così come ci sono malumori nella sinistra Pd (Vita e Nerozzi); pro intervento è Della Seta. Né Di Pietro è disposto a allinearsi e ritiene gravissime quelle parole di Berlusconi «sono addolorato per Gheddafi». Le stigmatizza anche Bersani: «Sono una indecorosa nostalgia». Potrebbe oggi realizzarsi una convergenza bipartisan solo sul dispositivo della risoluzione, o una reciproca astensione come già si verificò sul Kosovo.
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