Romano o morte Rimpasto bellico

by Editore | 24 Marzo 2011 8:33

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ROMA – La giornata della liberazione di Sandro Bondi, finalmente sostituito al ministero dei beni culturali da Giancarlo Galan, è soprattutto quella della promozione al ministero dell’agricoltura di Francesco Saverio Romano, il deputato siciliano che guidando la scissione dell’Udc ha garantito a Berlusconi i primi voti indispensabili al governo subito dopo l’addio dei finiani. Una promozione molto problematica che Silvio Berlusconi ha dovuto praticamente imporre al presidente della Repubblica, approfittando della situazione di crisi internazionale che non consentirebbe una crisi di governo. Giorgio Napolitano ha comunque fatto in modo di rendere pubblico il suo dissenso. Dal Quirinale – dopo una fredda e rapida cerimonia di giuramento – è piovuta una nota per ribadire le «riserve» sul nuovo ministro «dal punto di vista dell’opportunità  politico-istituzionale». Su Romano gravano ancora pesanti accuse per mafia. È stato un rimpasto di guerra; Berlusconi ha accelerato le pratiche contando sul disinteresse generale e forzando la mano al capo dello stato. Il prossimo primo aprile a Palermo si terrà  un’udienza nella quale si deciderà  se archiviare l’accusa di concorso in associazione mafiosa che ancora grava sul neo ministro o mandarlo a processo. Ombra fedele di Totò Cuffaro per anni, Romano è stato coinvolto nelle medesime vicende giudiziarie. Ma proprio quando il maestro è in carcere da due mesi per una condanna definitiva, l’erede raggiunge il suo traguardo più alto. Le inchieste a suo carico sono state due, oltre a quella tenuta aperta dal gip ce n’è stata un’altra precedente finita con un proscioglimento. Una terza tegola potrebbe cadere sulla testa di Romano da un’altra inchiesta, questa volta per corruzione aggravata, a seguito delle più recenti accuse di Massimo Ciancimino, figlio dell’ex sindaco mafioso di Palermo Vito. E non è finita qui, perché nel mese di aprile la Cassazione farà  conoscere le motivazioni per le quali è stata confermata definitivamente la condanna a Cuffaro ed è più che probabile che il nome di Romano compaia spesso, visto che il neo ministro è stato coinvolto dagli stessi pentiti che, tra le tante, ne hanno ricostruito la presenza a un incontro carbonaro tra Cuffaro e il «ministro dei lavori pubblici» di Totò Riina, Angelo Siino. Più che comprensibile allora la preoccupazione di Napolitano, che tuttavia oltre un tentativo estremo di moral suasion non è voluto andare. Già  la settimana scorsa aveva bloccato Berlusconi, quando gli si era presentato al Colle deciso a ripagare in un sol colpo tutti gli appetiti del nuovo gruppo dei «responsabili». Il capo dello stato aveva chiarito che per aggiungere viceministri e sottosegretari il governo doveva prima far approvare un disegno di legge di modifica della Bassanini. Ieri Giorgio Napolitano ha firmato il decreto di nomina di Romano ma poi ha divulgato una nota del tutto irrituale nella quale ha confermato di aver voluto assumere informazioni sul procedimento a carico del neo ministro «per gravi imputazioni». Informazioni dalle quali è inevitabilmente «risultato che il giudice per le indagini preliminari non ha accolto la richiesta di archiviazione avanzata dalla procura di Palermo, e che sono previste sue decisioni nelle prossime settimane». Napolitano avrebbe voluto attendere. Berlusconi pressato dai «responsabili» non ha potuto. Dunque Napolitano ha concluso auspicando «che gli sviluppi del procedimento chiariscano al più presto l’effettiva posizione del ministro». Auspicio che Romano non ha gradito e che si è sentito subito di rimandare al mittente, battendo tutti i record di velocità  in fatto di incidente istituzionale. «Sono dispiaciuto» ha detto nella sua prima uscita ministeriale, «la nota è inesatta perché non sono imputato ma solo indagato». Al che l’ufficio stampa del Quirinale ha dovuto precisare che nel comunicato non lo si è affatto qualificato come imputato («titolo» competente solo a chi è stato rinviato a giudizio). Ma certo non si è trattato di un buon inizio, per quanto decisamente rivelatore delle tensioni tra il Colle e palazzo Chigi. Tensioni restano anche all’interno del gruppo dei «responsabili», ormai cresciuto a 29 decisivi deputati. Accontentati solo gli ex Udc di Romano, a Berlusconi restano da mantenere le promesse fatte ad almeno altri cinque o sei acquisti recenti – Cesario, Belcastro, Polidori, Calearo e Pionati – per non contare i recentissimi – Misiti, Barbareschi. A guidare la fronda è Francesco Pionati che punta alla poltrona di viceministro per le comunicazioni e che ieri ha accusato gli amici di Romano di volere prendere tutto per loro. Per tenere insieme i cocci, contando anche su un giro di nomine nelle partecipazioni statali, Berlusconi ha ricevuto ieri a cena tutto il rissoso gruppetto. Ostentando nel frattempo, anche di fronte ai dubbi del Colle, grande soddisfazione per la nomina di Romano. Anche perché, sarà  un caso, è servita a convincere due deputati «responsabili» a votare, all’ultimo minuto utile, per salvare la maggioranza in giunta per le autorizzazioni. Sul caso Ruby.

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