Romano: i pm usino le intercettazioni con Ciancimino mai preso un caffé

by Editore | 26 Marzo 2011 8:00

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PALERMO – «Non potrei essere più sereno – dice il neoministro Saverio Romano – leggo su Repubblica che i magistrati vorrebbero chiedere alla Camera dei deputati l’autorizzazione a utilizzare alcune intercettazioni che mi riguarderebbero: non ho nulla da nascondere, che siano pure utilizzate quelle intercettazioni, se esistono davvero. Intanto, faccio con serenità  il ministro dell’Agricoltura. E le assicuro che ho tanti progetti, perché è l’agricoltura che ha unito l’Italia». Ministro, secondo i pm dalla cassaforte svizzera dei Ciancimino sarebbero arrivate delle tangenti per alcuni politici, fra cui anche lei. Conosce Ciancimino? «Mai preso un caffè con lui, avrò scambiato buongiorno e buonasera all’aeroporto. Lo stesso Ciancimino l’ha confermato in un’intervista. Non può proprio esistere alcuna intercettazione con lui. Se mi dicono il contrario, sarò contento di ascoltarla». Conosce quello che viene ritenuto il prestanome di Ciancimino, Gianni Lapis? «Non ho alcun problema a dirle che lo conosco: fino a qualche anno fa era per tutti solo uno stimato avvocato tributarista e un docente universitario. Lapis è stato soprattutto consulente dell’Ircac, di cui ero presidente. Quando arrivai, lui era già  lì da anni. Non sapevo che avesse altri interessi al di fuori di quelli del suo studio. Quando sono diventato deputato mi avrà  cercato una volta al telefono per parlare, credo, di riforma fiscale». Insomma, ha mai ricevuto soldi da Ciancimino o Lapis per quella che la Procura ritiene un’attività  di lobbying attorno ai finanziamenti per gli appalti del Gruppo Gas di Ciancimino? «Le rispondo non con le mie valutazioni, che può immaginare. Ma con quelle di magistrati che sono un patrimonio della lotta alla mafia, ovvero il procuratore nazionale Piero Grasso, il procuratore di Reggio Giuseppe Pignatone e il procuratore di Caltanissetta Sergio Lari: erano loro, nel 2004, a condurre l’inchiesta sul tesoro di Ciancimino, alla Procura di Palermo. Perché al 2004 risalgono quelle mie parole che sarebbero state intercettate con Lapis. Ebbene, all’epoca, fior di magistrati non ritennero di ravvisare alcun episodio di rilevanza penale. Chi è arrivato dopo mi ha notificato un avviso di garanzia dieci giorni dopo la mia elezione al Parlamento europeo». Adesso, sa che l’inchiesta è andata avanti anche con le dichiarazioni di Ciancimino, che nel 2004 non c’erano? «Dopo due anni, il codice dice che i magistrati dovrebbero chiudere l’indagine. E invece, dopo la mia nomina a ministro leggo che si discuterebbe di chiedere alla Camera l’autorizzazione per le intercettazioni. Non ci credo, ma se così fosse più che un’accelerazione dell’indagine, mi sembra una riesumazione». Non ritiene che la sua posizione di ministro richiederebbe un chiarimento approfondito? «Sono un uomo delle istituzioni e rispetto le istituzioni. Mi spiace davvero per il malinteso che ci può essere stato con il Quirinale. Faccio mio l’auspicio del presidente della Repubblica, che la vicenda venga chiarita in tempi celeri». E nell’attesa? «Sarò un ministro del Sud che ha a cuore l’accorciamento delle distanze fra Nord e Sud. La lotta alla mafia si fa con i fatti». C’è il rischio che la mafia si infiltri nei palazzi delle istituzioni? «In Sicilia, la mafia la vediamo da vicino, ma la teniamo lontana. Tante cose sono cambiate grazie al fatto che la società  è cresciuta. Io non frequento i salotti palermitani. Al ristorante vado solo con mia moglie. Oppure esco con i vecchi amici».

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