Ribellatevi all’apatia Gramsci diventa “instant”

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Si porgono a noi con umiltà  senza imporsi. Inoltre ci sono utili. Averli sotto mano quando si scorre un giornale, quando si discute con amici, si legge e si scrive è un bene del quale tutti dovrebbero poter disporre e godere. I classici non servono a legittimare quel che pensiamo perché non scalzano l’autorità  della ragione e della logica, né cancellano il contesto storico. Essi servono d’ausilio alla nostra analisi e alla nostra conoscenza. La rivoluzione elettronica ha in questo un grande pregio perché ha annullato la nostra distanza fisica dai classici. Ce li squaderna tutti a costo zero, ogni minuto del giorno e della notte. In aggiunta, ha cambiato le abitudini editoriali, costringendo il libro stampato a svolgere anche una funzione di guida tematica. Gli studiosi inorridiscono (spesso con buone ragioni) di fronte a questa pratica dello scampolo. Ma i cittadini ordinari ne hanno un grande guadagno e bisogno. Non è forse utile e bello che un pendolare possa leggere in un’andata e ritorno una selezione di classici? Già  l’editore Donzelli aveva iniziato due anni fa a stampare essenziali di testi esemplari con un’introduzione illustrativa. Ora la casa editrice Chiarelettere lancia un’intrapresa simile ma con un target ancora più specifico: libri pensati per chi legge i giornali, o chi usa la rete per informarsi ma non conosce che cosa la rete ha nei suoi scaffali. Libri-pamphlet assemblati da curatori perspicaci per fare dei classici i nostri compagni di viaggio. Il primo volume della collana Instant Book di Chiarelettere è Odio gli indifferenti di Antonio Gramsci, introdotto da David Bidussa. “Indifferenti” era il titolo di un articolo scritto da Gramsci nel 1917. Le prime parole sono tutte per noi: «Odio gli indifferenti. Credo come Federico Hebbel che “vivere vuol dire essere partigiani”. Non possono esistere i solamente uomini, gli estranei alla città . Chi vive veramente non può non essere cittadino, e parteggiare». Cittadino come partigiano della sua dignità  e quindi della legge. A chi, sbagliando, pensa che il morbo della nostra società  sia l’antipolitica, Gramsci spiega che l’indifferenza come l’apatia e il fatalismo è una forma caratteristica di una sensibilità  politica molto spiccata: quella che lascia fare, che ci fa curare dei nostri interessi personali e famigliari, abbandonando, scriveva Alexis de Tocqueville, la “larga società ” nell’illusione che, così, saremo più liberi e felici.È il costume politico ancora oggi più in voga. Il volumetto intero è uno spaccato della politica dell’indifferenza. Si chiude, molto opportunamente, con alcuni stralci del discorso di Gramsci alla Camera dei Deputati, nel maggio 1925, cinque mesi dopo che Benito Mussolini mise una pietra tombale sulle indagini della magistratura sulle responsabilità  sue e delle sue squadracce nell’assassinio dell’onorevole Giacomo Matteotti e sullo stato di diritto. La giustizia, allora come oggi, è lo scoglio sul quale il governo della legge può rovinosamente incagliarsi. Le parole di Gramsci (coraggiose di fronte a un Parlamento di pusillanimi ottusi, incapaci di sentire la gravità  del momento) rendono il senso di quella tragedia: «Il fascismo, dunque, afferma oggi praticamente di voler “conquistare lo Stato”». Leggere il discorso è come vedere un film: ogni parola di Gramsci è interrotta da Mussolini e dai suoi uomini. Non lasciar parlare, urlare le proprie ragioni e offendere per togliere ossigeno alla critica. Una strategia che non conosce invecchiamento. Odio gli indifferenti parla del “paese Italia” (paese, non nazione, specifica Gramsci). L’attualità  fotografica sbigottisce. Il cittadino indifferente è il free rider, colui che pensa che poiché milioni di altri fanno la loro parte (pagano le tasse o votano), è inutile che egli faccia la sua, tanto nulla cambierà , né in peggio né in meglio; senza pensare che, come in un coro, ogni voce in democrazia è determinante. Ma quando e se le cose vanno a rotoli, e lo Stato si riempie di lestofanti che svuotano l’erario per foraggiare alleati e amici, allora gli indifferenti «piagnucolano pietosamente» oppure «bestemmiano oscenamente» – dopo, però. L’indifferenza è una forza politica che annulla la responsabilità  e la volontà , salvo poi accusare di tutto il destino. La raccolta gramsciana è un’illustrazione dell’indifferenza in tutte le sue pieghe, alimentata per esempio da un morboso bisogno di letteratura scandalistica. Era il 1917, l’anno in cui adolescenti di tutte le regioni italiane vennero mandati al macello a Caporetto, e il pubblico dei lettori era alla ricerca di notizie piccanti. «A leggere questi libri pare che l’Italia sia un immenso serraglio di mandrilli in fregola che si atteggiano a sentimentali, quando il sentimentalismo sia la via più facile per raggiungere la meta agognata. Tutte le altre attività  della vita, che non siano l’attività  amorosa, sembra che non esistano». Cambiano i musicanti, ma la musica è la sempre stessa.


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