“Portare armi ai ribelli” così la Casa Bianca vuole piegare il raìs

by Editore | 27 Marzo 2011 7:12

Loading

NEW YORK – “Armi ai ribelli”: è la nuova strategia che Barack Obama ha in serbo per la Libia. L’obiettivo è evitare che la no-fly zone debba protrarsi all’infinito, mentre sul terreno Gheddafi mantiene il controllo di una vasta parte del paese. Le contro-indicazioni: le forniture di armi possono costituire una violazione dell’embargo Onu; e potrebbero finire nelle mani di fondamentalisti islamici. Ma la Casa Bianca considera seriamente questa opzione. Lo conferma Gene Cretz, l’ambasciatore Usa tuttora formalmente in carica presso il governo libico, anche se è stato richiamato a Washington a dicembre e oggi tutta l’ambasciata americana in Libia è “alloggiata” nel Dipartimento di Stato. «L’Amministrazione – dice Cretz – sta discutendo di un ampio arsenale di aiuti e assistenza che possiamo offrire, sia civile che militare». L’ambasciatore aggiunge che «stiamo intensificando di giorno in giorno i nostri contatti con gli insorti», e precisa che con alcuni di quei gruppi lui aveva già  avuto dei rapporti quando era in Libia. Conferma che dagli insorti sono arrivate ripetutamente le richieste di forniture di armi e addestramento militare. Cretz conferma che Obama è pronto a compiere quel passo, pur denso di incognite. Le parole dell’ambasciatore sono una risposta a tutti coloro che hanno sollevato obiezioni, all’interno dello stesso Pentagono, sull’affidabilità  dei ribelli. Di quelle obiezioni si fa portavoce lo studioso di guerre e insurrezioni Max Boot sul New York Times. Boot riconosce che gli attacchi aerei della Nato non possono bastare «perché le forze di Gheddafi operano in zone urbane dove è difficile colpirle senza uccidere civili». Aggiunge però che «la Libia ha un movimento fondamentalista islamico attivo, che mandò molti combattenti in Iraq». E ricorda il pericolo per l’America di andare a impelagarsi nelle rivalità  fra «le 140 tribù e clan locali, di cui sappiamo poco». A queste obiezioni, condivise dal segretario alla Difesa Robert Gates e dai vertici militari americani, l’ambasciatore Cretz risponde senza esitazioni. Dà  un giudizio «generalmente positivo» degli insorti, sulla base della «conoscenza diretta dei dirigenti-chiave» all’interno del Consiglio provvisorio nazionale per la transizione, l’organo con cui gli Stati Uniti stanno dialogando. «I progetti politici che ci sono stati trasmessi da quel Consiglio – dice l’ambasciatore Usa in Libia – contengono tutti gli elementi giusti», compreso il rispetto dei diritti umani in generale e di quelli della donna in particolare (un segno che non prevale tra gli insorti la componente fondamentalista). «Non siamo ingenui – dice Cretz – però gli insorti sono partiti sul piede giusto, nei fatti e nei programmi». A suo giudizio «è palesemente ridicola» l’affermazione di Gheddafi secondo cui i ranghi dei ribelli sarebbero pieni di militanti di Al Qaeda. Resta l’altra obiezione, quella sulla legalità  delle forniture di armi agli insorti. Obama fin qui è stato molto attento a non travalicare il mandato dell’Onu espresso nella risoluzione 1973. Lungi da lui il voler rischiare scandali come il celebre «Iran-contra» di Ronald Reagan, le forniture illegali di armi ai guerriglieri del Nicaragua. E all’interno dell’Onu già  si sono levate voci critiche. Il Portogallo, che presiede il comitato per l’applicazione delle sanzioni alla Libia, ha espresso il dubbio che dare armi agli insorti sia una violazione dell’embargo (quello del 26 febbraio, che vietava ogni fornitura militare). Per esentare gli insorti dalle sanzioni occorre un esplicito voto del comitato, dove i 15 membri hanno tutti di fatto diritto di veto. La Francia è favorevole, ma Cina e Russia al contrario hanno già  fatto sapere che fornire armi ai ribelli «equivale a schierarsi con una parte, in quella che di fatto è una guerra civile».

Post Views: 188

Source URL: https://www.dirittiglobali.it/2011/03/qportare-armi-ai-ribelliq-cosi-la-casa-bianca-vuole-piegare-il-rais/