“L’intervento ha evitato una catastrofe ma Gheddafi potrà  resistere a lungo”

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Presidente Obama, in Libia il mandato delle Nazioni Unite autorizza la coalizione a istituire la no-fly zone, a proteggere la popolazione civile, ma non ci sono margini che consentano di dare la caccia a Gheddafi. Lei ha detto che il raìs ha perduto la sua legittimità . Ma allora, a che punto siamo? Come procederà  la missione? Gheddafi potrà  restare a Tripoli se non violerà  la no-fly zone? 
«Finora abbiamo portato a termine con successo gli obiettivi previsti dalla missione così come sono stati definiti dalle Nazioni Unite, ovvero creare una no-fly zone e garantire protezione alla popolazione nel momento in cui tutto ciò si rendeva assolutamente necessario. Gheddafi ha scagliato i suoi soldati contro il suo stesso popolo. Ha ordinato loro di andare a Bengasi e non avere alcuna pietà . Ora che la comunità  internazionale ha dato vita a questa coalizione, i suoi uomini si sono ritirati da Bengasi. Gheddafi potrebbe cercare di restare nascosto ad aspettare, anche in presenza di una no-fly zone e anche se le sue truppe sono state umiliate. Tenga ben presente, però, che non disponiamo solo di strumenti militari, per ottenere il risultato che Gheddafi se ne vada. Abbiamo anche predisposto sanzioni internazionali molto rigide, abbiamo congelato i suoi beni, e continueremo a esercitare tutta una gamma di pressioni diversificate su di lui». 
Potrà  offrire aiuti militari ai ribelli? Lo farà ?
«Tutti auspichiamo che al più presto i ribelli siano in grado di organizzarsi e dar vita a un governo legittimo. In linea teorica potremmo veder ricomparire tutto quell’entusiasmo che il popolo libico ha manifestato per un cambio di governo fino a qualche settimana fa, prima che Gheddafi lo soffocasse con la forza bruta e la violenza. Esamineremo tutte le opzioni a nostra disposizione, ma per adesso il nostro primo compito è quello di preparare il terreno, così che le forze di Gheddafi non possano attaccare il popolo libico, e mantenere la no-fly zone. Una volta fatto ciò, il ruolo degli Usa sarà  significativamente minore, perché esiste una coalizione internazionale, che ha una base molto ampia e che include anche alcuni stati arabi, che condivide gli stessi obiettivi».
Non vede alcuna contraddizione nel fatto che un premio Nobel per la pace autorizzi il ricorso alla forza nell’ottavo anniversario dell’inizio della guerra in Iraq? Lei si oppose a quella guerra. E alcuni affermano che lei dovrebbe restituire quel premio.
«Quando ho ricevuto il premio Nobel ho detto chiaramente che mi sembrava paradossale, in quanto ero già  impegnato in due guerre: stavamo per procedere al ritiro del nostro contingente dall’Iraq e mi stavo ancora occupando della guerra in Afghanistan, che si stava trascinando da molti anni. Ma chiaramente, non eravamo ancora riusciti a concentraci a sufficienza sull’obiettivo primario, quello di proteggere il popolo americano. Sono abituato a questa contraddizione: sono il comandante in capo e al contempo una persona che aspira alla pace. Sulla Libia, vogliamo solo consentire al popolo libico di autodeterminarsi. Non stiamo invadendo un Paese. Non stiamo intervenendo da soli. Stiamo agendo sotto il mandato del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite come mai prima d’ora, e con una tempestività  che non ha precedenti. Abbiamo un compito preciso, circoscritto, stiamo salvando vite umane. E non credo che il popolo americano veda alcuna contraddizione nel fatto che chi ha a cuore la pace voglia anche evitare che degli esseri umani siano massacrati da un dittatore attaccato al potere». 
(Copyright Cnn. Traduzione di Anna Bissanti)

 


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