“Il marchio a fuoco è una barbarie” La Germania paladina dei cavalli

by Editore | 23 Marzo 2011 7:54

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BERLINO – Il ferro col simbolo del padrone viene scaldato su un braciere rovente, poi con un colpo netto il marchio viene impresso sulla coscia posteriore del puledro. L’animale nitrisce e si ribella per il dolore: un’ustione di terzo grado, per renderlo inconfondibile a vita. La tradizione della marchiatura a fuoco dei cavalli è millenaria, ma adesso in Germania il centrodestra vuole proibirla. È un’inutile e crudele sofferenza inferta a una povera bestia, indegna d’un paese civile e moderno, pensa la giovane ministro dell’Agricoltura e della Difesa dei consumatori, Ilse Aigner, cristianosociale bavarese. Ma quale sofferenza, non sentono quasi nulla, è una tradizione irrinunciabile delle scuderie di qualità , insorge la potente lobby degli allevatori. E suona la carica contro Angela Merkel e il suo governo. Frau Aigner non ha dubbi: l’ustione ai puledri va vietata. Roba da pazzi, sbotta il conte Breido zu Rantzau, presidente della Deutsche Reiterliche Vereinigung, l’esclusiva associazione equestre di Germania. Sa cosa vuole difendere, scriveva ieri la Sueddeutsche Zeitung: il fatturato del comparto cavalli di razza è di cinque miliardi di euro l’anno. Un cavallo, se è ben marchiato, si vende meglio. «Solo il marchio distingue un allevamento dall’altro, o una razza dall’altra, così è stato da secoli e così deve restare», protestano con lui tutti gli allevatori. Bugie, rispondono gli animalisti, e hanno convinto Angela Merkel e la sua combattiva ministro bavarese. La marchiatura a fuoco, spiega Wolfgang Apel, presidente del Tierschutzbund (l’associazione per la protezione degli animali) causa ai poveri puledri dolori atroci, e appunto una pericolosa ustione di terzo grado. Intelligenti e sensibili, i cavalli per settimane soffrono in silenzio, affrontano gonfiori e rischi d’infezioni o d’infammazioni gravi della ferita. «E la crudele pratica», insiste Herr Apel, «serve solo a interessi commerciali». Da secoli, la marchiatura a fuoco è tradizione tramandata dalla letteratura, e da decenni dal cinema: nei western come nei film d’epoca, è un gesto-simbolo di potere per prodi cavalieri o baldanzosi cowboy tra corral e saloon. Ma i tempi cambiano: una società  che ha i diritti umani come valore costitutivo deve pensare anche ai diritti degli animali. Per molti tedeschi, specie giovani, la sensibilità  verso ambiente e natura è un dato culturale di fondo: le pratiche più crudeli, dal taglio di orecchie e coda ad alcune razze canine per presunti motivi estetici, alla vita da Lager del pollame d’allevamento, dalla castrazione senza anestesia dei giovani suini per rendere più tenera la loro carne fino al trasporto del bestiame da macello con metodi spesso disumani, sono sempre più spesso condannate dalla gente e da frequenti programmi tv. Il governo cerca di apparire un establishment che ascolta gli elettori, come sul nucleare. «Sciocchezze, per l’animale è solo un momento di dolore leggero», minimizza Dieter Steff, democristiano, responsabile parlamentare della protezione degli animali ed egli stesso allevatore. Frau Aigner non è convinta. Esiste un metodo alternativo, molto meno doloroso: inserire nel collo del cavallo un microchip che lancia segnali e rende inconfondibile l’animale classificato su una banca dati elettronica. Più delle tradizioni, pensa la ministro, conta che per gli amici a quattro zampe l’uomo sappia essere amico, e non padrone crudele.

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