“Fukushima può diventare come Cernobyl”

by Editore | 26 Marzo 2011 8:25

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TOKYO – Con le occhiaie di chi non dorme da troppi giorni e con indosso la casacca della locale protezione civile, il primo ministro giapponese ha tentato ieri di rispondere alle domande dei giornalisti. Ma le risposte fornite da Naoto Kan hanno, se possibile, aumentato la confusione sugli scenari futuri della catastrofe nucleare in corso a Fukushima, a nord-est di Tokyo. Dopo essersi inchinato di fronte a una bandiera del Sol levante listata a lutto, il premier ha dichiarato «che la situazione rimane altamente imprevedibile, che lavoriamo per evitare che non peggiori e che dobbiamo essere estremamente vigilanti». Parole vuote, che hanno solo generato altre paure, altre psicosi: dopo l’allarme dei giorni scorsi sulla contaminazione dell’acqua corrente, nella capitale comincia a scarseggiare l’acqua minerale, che il governo vorrebbe adesso importare dall’estero. Il problema è che nessuno sa che cosa sta davvero accadendo all’interno della centrale, né il primo ministro né gli esperti dell’Agenzia giapponese per la sicurezza nucleare. Infatti, la sala di controllo di Fukushima è andata distrutta con l’esplosione provocata dalla fuga di idrogeno il 14 marzo scorso, tre giorni dopo il terremoto. Perciò la sola cosa che hanno fatto ieri le autorità  è stato di consigliare una più ampia evacuazione “volontaria”, fino a 30 chilometri dall’impianto. Hanno poi ventilato l’ipotesi di rialzare da 5 a 6 il livello di gravità  dell’incidente (il livello 5 essendo quello del disastro alla centrale statunitense di Three Mile Island, e 7 quello relativo a Cernobyl). Vaghe, inconcludenti misure cautelative. Ma da ieri c’è un altro motivo di preoccupazione, legato ai probabili danni alla vasca del reattore 3. L’alto livello di emissioni radioattive fa pensare a una possibile rottura del contenitore. «Al momento i nostri dati suggeriscono che il reattore mantenga alcune funzioni di contenimento, ma vi sono buone possibilità  che esso sia stato danneggiato», ha detto Hidehiko Nishiyama, portavoce dell’operatore della centrale, la Tokyo electric power (Tecpo). Sempre secondo Nishiyama, il livello di radioattività  nella vasca di contenimento del reattore 3 è diecimila volte più alto del normale. «L’alto livello di radiazioni potrebbe giungere dal reattore, dove si ritiene che le barre di combustibile si siano parzialmente fuse, o dalla vasca che contiene le barre di combustibile usate». Esperti nucleari americani parlano di una rottura “seria” della vasca, e della fuga radioattiva nell’acqua della cisterna. È proprio quest’acqua altamente radioattiva che ha contaminato tre tecnici al lavoro nell’edificio del terzo reattore: due di loro sono stati ricoverati in ospedale, con eritemi cutanei sui piedi e sulle gambe, là  dove sono entrati in contatto con l’acqua “pesante”. I medici hanno pensato a un eventuale trapianto di pelle. Va ricordato che enormi quantità  di acqua sono state riversate nel reattore e nella vasca dopo che l’edificio della centrale fu danneggiato dall’esplosione del 14 marzo. Un terzo motivo di inquietudine proviene dall’alta radioattività  riscontrata per la prima volta sui legumi coltivati attorno a Tokyo, immediatamente impediti alla vendita. Cesio radioattivo, con un livello superiore al limite legale, è stato scoperto in un legume con foglie verdi, il komatsuna, coltivato in un centro ricerche a Edogawa, nella periferia della capitale, e a circa 250 chilometri da Fukushima. Il consumo di questo legume non avrebbe tuttavia effetti sulla salute, specifica una nota del ministero della Salute. Naoto Kan ha ordinato test sugli alimenti di altre sei prefetture, alcune delle quali fanno parte della Grande Tokyo, megalopoli da 35 milioni di abitanti. Sempre ieri, il presidente della Commissione europea, José Manuel Barroso, ha detto che “tutte” le 143 centrali nucleari presenti in Europa dovrebbero essere sottoposte agli “stress test”. Il mandato dei leader non prevede per ora l’obbligatorietà  di queste prove di resistenza e la partecipazione degli Stati membri è prevista su base volontaria. Immediata la risposta del presidente francese, Nicolas Sarkozy: «Se un impianto non passerà  i test, è chiaro che lo chiuderemo».

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