“Fermatevi o morirete” quei messaggi dal cielo per condizionare i nemici

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Anche in questa strana guerra-non guerra sono partite quelle operazioni che sempre accompagnano le azioni militari: le “psychological operations” dirette a conquistare, o a condizionare o piegare, i cuori e le menti dei nemici. La verità  resta sempre la prima vittima di ogni guerra, anche quando sembra vera. «Non lasciate gli ormeggi, non salpate – ha detto una voce sulle frequenze marittime d’emergenza – perché il governo libico sta disubbidendo alle Nazioni Unite e se lascerete i porti violando il blocco navale, sarete attaccati e distrutti». Era una voce che veniva dall’Hercules C 130 della US Air Force, numero di identificazione 00-1934, specialmente attrezzato per “illuminare” con i propri messaggi i campi di battaglia, per intimidire, ammonire, a volte soltanto avvertire. Voce poi ripetuta dai caccia bombardieri F16 Falcon lanciati da Sigonella e dagli aerei cisterna. È una versione incruenta dello “Shock and awe”, dello spaventare, sbigottire, incutere l’awe, il timor di Dio, come volle fare la prima ondata di bombe su Bagdad, nel marzo del 2003. Antica arma, questa della guerra psicologica, cugina prima, ma non gemella della propaganda che qualcuno fa risalire addirittura ad Alessandro il Macedone, quando nella sua lunga marcia di conquista verso l’Himalaya disseminava le città  conquistate di soldati greci per colonizzare la cultura locale, dopo averla sottomessa con le armi. Non c’è stata guerra, certamente non guerra americana, dove le “psy-op” non siano state impiegate, con varie misure di successo o di insuccesso. L’atto istitutivo dal quale proviene anche il messaggio ai comandanti e agli equipaggi delle navi in Tripolitania e in Cirenaica per terrorizzarli prescrive, dalla Seconda Guerra Mondiale quando fu formalizzata questa arma impropria, che le forze armate americane devono impiegare «qualsiasi mezzo» per «influenzare le menti del nemico» e che le operazioni psicologiche siano da considerare, appunto, come un’arma. Lo erano le carte da gioco con gli assi di picche ficcati nelle bocca dei Vietcong uccisi dalle forze speciali nel Sud Est asiatico, come lo erano i volantini lanciati sulle trincee e gli accampamenti dei soldati di Saddam Hussein in Iraq per avvisarli che stava per piovere su di loro uno stormo di B52. Non era propaganda, i B52 arrivavano davvero, almeno la prima volta. Dopo avere sentito gli effetti delle loro bombe a tappeto, quando pioveva un’altra scarica di volantini non era neppure necessario che i grandi aerei arrivassero per far fuggire dalle loro posizioni i sopravvissuti. L’effetto psicologico era totale. Non deve essere dunque necessariamente menzogna quello che la sezione Psy-op del Pentagono o del governo americano diffonde. È il mix di verità  e di propaganda, di blandizie e di minacce, anche di gadget, come un altro celebre mazzo di carte, con i volti dei gerarchi iracheni ancora a piede libero, quello che dovrebbe funzionare. Ci sono tre livelli ufficiali e codificati di guerra psicologica, il bianco, il grigio e il nero. Bianco è il messaggio radio trasmesso da C130 Hercules e poi dagli F16 ai naviganti libici. Comunica una verità  che il governo di Tripoli tace od offusca: esiste un blocco navale e chi lo viola rischia la vita. Bianco fu il trattamento di Saddam Hussein ripescato dalla sua tana e trattato deliberatamente come una bestia da spidocchiare e umiliare per le videocamere degli addetti alle guerra dei cuori e delle menti. La cattura era vera, il resto era teatro guignol. Grigio è tutto ciò che potrebbe essere vero, ma non necessariamente vero. Può essere la notizia di rese o ritiri di altre unità  al fronte, vera o falsa o prematura, per demoralizzare le truppe, le ormai inefficaci comunicazioni di catture o uccisioni dei numeri due o tre delle organizzazioni terroristiche, le voci su Osama bin Laden costretto a dialisi renali, le promesse di trattamento umano ai disertori, come gli elicotteri del generale Frank trasmettevano dai loro altoparlanti nella marcia verso Bagdad, o annunci di decisioni politiche o strategiche attribuite ai comandi americani ma non confermate, per far scattare le voci di radio fante o il passaparola. Il Nero è la menzogna pura, la falsa notizia di un capo di governo abbattuto, ucciso, fuggito. L’invenzione di una minaccia che non esiste. Nerissime furono, negli anni ‘60 e ’70, le celebri e romanzesche missioni dei sottomarini nucleari americani che incrociavano nelle acque territoriali della neutrale Svezia, per farsi identificare falsamente come sovietici, a volte farsi catturare dai mezzi svedesi e poi, d’intesa segreta con il governo, farsi rilasciare. L’obiettivo era indignare l’opinione pubblica sia per la protervia dei “comunisti” come per la timidezza accomodante delle autorità  di Stoccolma verso Mosca, e così spingere la Svezia verso il campo della Nato e degli Stati Uniti, senza rinnegare la neutralità . Il monito trasmesso da quegli aerei ai navigli libici è il primo segnale “bianco” di come i comandi delle operazioni per la guerra psicologica siano entrati in azione, dietro le loro sigle e i loro acronimi, lo “Usacapoc”, che sta per “azioni verso i civili” e fa parte dell'”Usasoc”, l’ombrello per le azioni di fiancheggiamento propagandistico. Dunque attenzione alle notizie, alle voci, alle informazioni non verificabili che arriveranno dalla Libia. Anche su questa guerra sventola la bandiera bianco-grigio-nera della “Black Art”, della persuasione occulta.


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