by Editore | 30 Marzo 2011 6:31
LONDRA – Gheddafi «ha perso ogni legittimità », se ne deve andare e «risponderà delle proprie azioni». La Conferenza internazionale di Londra sulla Libia chiude la porta ad ogni ipotesi di negoziato con il Colonnello, ma lascia socchiusa la via dell’esilio. «C’è stata unanimità nel dire che Gheddafi deve lasciare il Paese», ha spiegato il ministro degli Esteri italiano. Ma Frattini, secondo cui l’Unione africana potrebbe trovare una soluzione per ospitare il raìs libico, questa volta esclude la possibilità di un salvacondotto: «È una ipotesi che non possiamo prendere in considerazione perché violerebbe le regole della Corte penale internazionale». La Conferenza di Londra, che ha riunito i ministri degli Esteri di trentasette Paesi, ha deciso di costituire un “gruppo di contatto”, che si incontrerà periodicamente per monitorare e dirigere gli sviluppi politici della crisi libica, ora che la gestione militare delle operazioni passa sotto il controllo della Nato. Le prossime riunioni del Gruppo saranno in Qatar e a Roma. In effetti, pur senza dirlo, un preannuncio di negoziato è già cominciato. Ieri l’Unione africana, che sebbene invitata non ha preso parte ai lavori, ha mandato un messaggio alla conferenza in cui chiede supporto per la sua road map, in cui disegna una possibile soluzione della crisi. Ma l’Unione, l’organismo internazionale rimasto più vicino a Gheddafi, che contribuì a crearla, continua a proporre «un dialogo politico tra tutte le parti» e «un periodo di transizione onnicomprensivo». Ieri la comunità internazionale ha risposto senza mezzi termini: nessun dialogo con Gheddafi e il suo regime, la cui uscita di scena resta una precondizione per la soluzione della crisi. È quello che chiede anche il Consiglio nazionale di Transizione, l’organismo degli insorti con sede a Bengasi. Ieri il suo rappresentante, Mahmoud Jibril, ha incontrato a Londra Cameron e la Clinton a margine della conferenza. Ed ha illustrato il programma in otto punti dei ribelli. Questo prevede una nuova costituzione che legalizzi i partiti e i sindacati, libere elezioni e la nascita di una paese «unito e moderno». Quanto a Gheddafi, il Consiglio non contempla neppure l’ipotesi dell’esilio e chiede che venga processato «per i crimini commessi». Dalla Conferenza di Londra, l’organo di autogoverno dei ribelli esce con una credibilità rafforzata. La Francia, che lo ha riconosciuto formalmente, manderà un ambasciatore a Bengasi. Gli Stati Uniti hanno deciso di mandare un inviato. Frattini pensa di invitare i ribelli a rappresentare la Libia alla prossima riunione sul Mediterraneo che si terrà a Napoli. Ma parlare del dopo-Gheddafi non significa che la sconfitta del Colonnello sia imminente. Anzi. Il problema di come arrivare a una vittoria sul terreno, potendo contare solo sulle milizie disorganizzate degli insorti, continua a perseguitare la Coalizione. La rappresentante americana alle Nazioni Unite, Susan Rice, dice che Washington non ha escluso la possibilità di fornire armi ai ribelli. È una ipotesi seriamente presa in considerazione anche dai francesi. Ma per percorrerla occorrerebbe una nuova risoluzione delle Nazioni Unite, e dunque ieri la questione non è stata discussa apertamente. Intanto Gheddafi dal suo rifugio continua ad usare toni sprezzanti, e ieri ha paragonato «la barbara offensiva» della Coalizione a quella di Hitler in Europa. Per il momento, almeno, il Colonnello non sembra disposto a farsi cortesemente da parte. Quanto alla clamorosa emarginazione dell’Italia dalla cabina di regia della crisi libica, resa evidente dalla teleconferenza tra i capi di governo di Usa, Gran Bretagna, Francia e Germania per preparare l’incontro di Londra, Frattini ieri non ha voluto prendere atto dello schiaffo ricevuto. Il ministro degli Esteri, che a quanto pare non ha sollevato pubblicamente il problema nel corso dell’incontro, ha definito l’esito della Conferenza «un risultato politico estremamente positivo perché c’è unità di visione».
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