by Editore | 24 Marzo 2011 8:07
ROMA – Per il governo è «un piccolo sacrificio che gli italiani saranno contenti di fare», per i consumatori, invece, è solo «pura follia». La decisione di finanziare il Fondo unico per lo spettacolo aumentando i costi fiscali del carburante ha messo d’accordo – per una volta – benzinai, petrolieri e automobilisti. Tutti pronti a dire che alla cultura, quei soldi, spettano di diritto, ma tutti convinti che il metodo scelto sia sbagliato e che il momento sia inopportuno. Aumentare l’accisa sulla benzina di 1 o 2 centesimi, come ieri il Consiglio dei ministri ha stabilito, significa – secondo l’Adiconsum – far sì che alla fine dell’anno ogni veicolo costi fino a 20 euro in più. Il calcolo è presto fatto: «mediamente ogni veicolo percorre 15 mila chilometri e consuma mille litri di carburante l’anno, da lì il fatto che il costo possa variare fra i 10 e i 20 euro annui». Ma al di là dell’esborso in sé, quello che più fa arrabbiare le associazioni è che il ritocco delle accise arriva proprio mentre il prezzo dei carburanti – grazie alla guerra in Libia e alle speculazioni – naviga in piena tempesta. Non solo: all’aumento dei costi diretti sul pieno, vanno aggiunti quelli indiretti misurati attraverso il maggiore peso che la voce «trasporti» avrà sui listini al consumo. «La misura è assurda» commenta l’Adoc, «tanto più che le famiglie, a causa dei rincari, hanno già subito un danno di 300 euro». «Siamo alla follia più totale», attaccano Adusbef e Federconsumatori, «l’aumento è estremamente dannoso, con gli attuali prezzi, l’erario, grazie all’incremento della tassazione, potrebbe guadagnare ben 1 milione e 800 mila euro l’anno. Per il giusto e dovuto finanziamento al Fus, piuttosto che pescare ancora una volta dalle tasche dei cittadini, perché lo Stato non rinuncia a una fetta dei cospicui proventi che, tramite le attuali accise, già percepisce dalla vendita dei carburanti?». Di fatto solo un paio di giorni fa, al tavolo convocato allo Sviluppo economico, consumatori e benzinai avevano chiesto al governo di bilanciare le speculazioni in corso riducendo le accise. «Il governo non si era impegnato a farlo – commenta Luca Squeri, presidente di Figisc-Confcommercio, l’associazione dei benzinai – ma di certo non pensavamo che al posto di una riduzione potesse arrivare un aumento. Tanto più che i consumi sono in calo e che molti piccoli gestori sono costretti a chiudere». La componente fiscale (imposta di fabbricazione sui carburanti più Iva) pesa per il 50 per cento circa sulla determinazione del prezzo finale di benzina e diesel. «La tentazione di utilizzare questo canale in momenti di emergenza è forte – commenta Squeri – aumentare le accise allo Stato non costa nulla e l’entrata è sicura e veloce». La decisione del governo, per Pasquale De Vita, presidente dell’Unione Petrolifera va dunque «nella migliore tradizione italiana». «Non tocca a noi giudicare gli interventi in materia fiscale, ma certo visto i prezzi del petrolio questo non è un momento favorevole». Di fatto, ricorda Rosario Trefiletti di Federconsumatori «accise a parte sul carico fiscale della benzina pesa anche il decreto Milleproroghe che permette alle regioni di elevare ulteriormente l’imposta in caso di calamità naturali». Tradizione vuole poi che anche le missioni militari possano trovare copertura attraverso questa voce.
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