Poveri raddoppiati in 5 anni è allarme per le famiglie senza soldi per cibo e affitto

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Un esercito di 120mila persone che non ha abbastanza soldi per fare la spesa, per pagare l’affitto, per far fronte alle cambiali, alle rate del mutuo, alle fatture del dentista o alle bollette del gas e della luce. Sono i poveri di Milano. Non sempre clochard “senza fissa dimora”. Ma molto più semplicemente uomini e donne, madri e padri di famiglia, che in molti casi hanno perso il lavoro e che si sono trovati da un giorno all’altro a fare i conti con problemi economici che pochi anni fa non esistevano. In cinque anni la quota delle famiglie povere in Lombardia è, secondo gli studiosi, più che raddoppiata passando dal 1,3 al 3,5 per cento. E a Milano, che come tutte le metropoli attira le persone che cercano opportunità  e aiuti proprio perché sono povere, la situazione è molto peggiore, tanto che almeno l’8 per cento della popolazione, pari a 52mila famiglie, si può dichiarare ufficialmente “indigente”.
Si tratta di famiglie composte almeno da tre persone che vivono con meno di 1260 euro al mese, la soglia di reddito sotto la quale secondo l’Istat si apre il baratro della povertà  assoluta. In Lombardia lo stipendio medio è di 2.700 euro a nucleo. Ma ad otto famiglie su cento, a Milano, manca quel 20 per cento del reddito che sarebbe necessario per far fronte alle spese correnti, allo standard minimo dei consumi. I soggetti più a rischio sono le coppie giovani con uno o – peggio – due figli, gli anziani soli, le famiglie numerose, chi non ha casa di proprietà . Ovviamente gli immigrati, che hanno tanti bambini e mestieri saltuari e sottopagati. E soprattutto chi perde il lavoro, perché di nuove occasioni professionali oggi non ce ne sono per nessuno.
Questo dice il rapporto annuale dell’Ores, l’Osservatorio esclusione sociale della Regione, coordinato dal professor Giancarlo Rovati, ordinario di Sociologia all’università  Cattolica. «Dopo il crac dovuto alla crisi economica del 2008, in termini assoluti, negli ultimi due o tre anni, i numeri della povertà  sono abbastanza stabili – spiega Rovati – ma c’è una fetta di “turn over”, il 15 per cento, di persone che si mettono in coda per un pasto caldo. Quindi c’è chi riesce a risollevarsi, ma anche chi cade nella miseria, perché la crisi morde ancora e l’improvvisa perdita del lavoro è diventata la causa più frequente della rovina economica familiare». Infatti il volontariato «ha avuto quest’anno il 30 per cento di richieste di aiuto in più perché le stesse persone cadono sempre più in basso nella scala del bisogno».
In un quadro congiunturale che non promette ancora nulla di buono, i poveri milanesi hanno una sola fortuna: non sono totalmente abbandonati a se stessi. In città  ci sono almeno 95.500 persone – il 7 per cento della popolazione – aiutate da 330 enti di volontariato che in parte suppliscono alle enormi falle del sistema di protezione pubblica. Se il Comune nel 2010 ha stanziato 5 milioni di euro per aiutare le famiglie in crisi – e non è ancora riuscito a distribuirne che una minima quota – il “Fondo famiglia e lavoro” istituito a Natale 2008 dal cardinale Dionigi Tettamanzi ha già  distribuito quasi 12 milioni di euro a 5.593 famiglie. «Oltre il 54 per cento delle famiglie che si sono rivolte alle Acli o alla Caritas per essere aiutate dal Fondo – spiega il sociologo Aldo Bonomi del consorzio Aaster – sono nuclei “normali” che non presentano particolari caratteri patologici se non la perdita del lavoro. Ma c’è altro 46 per cento di famiglie monogenitoriali, donne sole con figli e – fatto nuovo – uomini soli con figli, per le quali trovarsi improvvisamente senza uno dei due stipendi è l’inizio della caduta all’inferno. La famiglia è anche un contenitore economico, e fuori di essa c’è il deserto».
E se il problema è grave per i milanesi, per gli immigrati è drammatico. Alle mense dei frati ormai sono approdati anche gli italiani, ma lo zoccolo duro rimane quello degli stranieri. Il 90 per cento dei 34.350 utenti dell’Opera San Francesco – 760mila pasti in mensa, 33mila docce e cambi al guardaroba, 36mila visite mediche – è formato da immigrati. Idem per il 74 per cento delle 17.283 persone che si sono rivolte ai centri d’ascolto della Caritas della Diocesi ambrosiana. Numeri che testimoniano l’alto livello dell’assistenza da parte di alcune istituzioni. Ma che spiegano anche quanto sia grande la crisi che Milano sta attraversando.


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