Pd di tregua in tregua Tanto per sfangare comunali e quesiti

by Editore | 29 Marzo 2011 7:05

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Tanto per ricordare qualche differenza, cinque anni fa al governo c’era Prodi, il Pd non esisteva, persino l’Udeur stava con il centrosinistra; e a Napoli Rosa Russo ha vinto con il 57 per cento. Nonostante questi non piccoli dettagli, Bersani ieri alla direzione (il parlamentino del partito) ha giurato di essere ottimista: «Tranne in 1-2 comuni siamo già  pronti e abbiamo l’impressione di una crescita nell’opinione pubblica». Quanto ai problemi interni, il segretario ha chiesto – ed ottenuto – l’ennesimo rinvio dei chiarimenti a dopo le amministrative. Il week end si è consumato con una polemica feroce fra Franco Marini e gli altri ex ppi. L’ex presidente del Senato ha accusato gli «amici» di rischiare la fine dei «responsabili», cioè stampelle del Pdl; Fioroni e compagni gli hanno replicato di essere un «lupo che non morde più», allusione alla provenienza abruzzese di Marini. Tradotto dal politichese, e per chi non segue la telenovela democratica, negli ultimi mesi il Pd ha perso decine di amministratori e più di venti deputati a vantaggio del Terzo Polo. Marini tenta di dimostrare di essere il «garante» dei centristi nel Pd; gli ex ppi – l’area che soffre di più le perdite – rispondono picche. Ieri Bersani ha cercato, more solito, di comporre la lite. «Non è che non veda i problemi. Certo che ci preoccupano le uscite sul territorio, ma vorrei che chi ci richiama ad avere attenzione, dica però che hanno torto quelli che se ne vanno». Quelli che se ne vanno hanno torto, hanno replicato gli ex ppi, purché il «disagio» sia preso nelle giusta considerazione e non si facciano «forzature», ha spiegato l’ex dc Lucio D’Ubaldo. Sul testamento biologico, per esempio, le differenze restano tutte sul tavolo. Accontentare tutti è una missione impossibile. «Si sente parlare di disagio, specie dei cattolici e dei moderati. Spesso chi ne parla si offre, se viene soddisfatto nelle sue richieste, a fare da forza di recupero. Ma il problema è più vasto. Abbiamo perso quadri dirigenti verso il centro ed elettori verso sinistra», ha replicato non amichevolmente Dario Franceschini, secondo cui il problema è «l’insoddisfazione per un Pd costruito nei gruppi dirigenti sulle vecchie appartenenze Ds e Margherita». Tema centrale, che ha a che vedere con la direzione in cui il Pd deve guardare. Di qua e di là , secondo Bersani, con un’alleanza «costituzionale» aperta a tutte le forze che vogliono fare uscire il paese dal berlusconismo. Ma il Terzo Polo non ci sta, l’Idv intima di decidersi da che parte stare, da sinistra Vendola attira consensi. E il Pd resta nel gorgo. Così con i referendum del 12 giugno. Il Pd non li ha promossi, in qualche caso li ha osteggiati. Ed ora invece prova a lisciare il pelo a chi andrà  a votarli, «milioni di persone, soprattutto del centrosinistra», dice Bersani, proponendo «tre sì» (acqua, nucleare e legittimo impedimento). E «una nuova legge per la gestione dell’acqua che chiediamo di calendarizzare subito». Solo che la legge che il Pd auspica – gestione mista del sistema idrico – non assomiglia affatto a quella che chiedono i referendari.

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