by Editore | 27 Marzo 2011 7:10
NEW YORK – Missione quasi compiuta. «In Libia stiamo vincendo» dice Barack Obama. «Abbiamo neutralizzato le difese aeree libiche. Le forze di Gheddafi non avanzano più. A Bengasi, una città da 700mila abitanti in cui aveva minacciato di “non avere pietà “, i suoi uomini sono stati ricacciati indietro. Col nostro pronto intervento abbiamo evitato una catastrofe umanitaria». La terza guerra dell’America è già finita? La soddisfazione del messaggio settimanale per la verità è temperata dallo stesso Pentagono. I raid aerei rendono sempre più difficili per Gheddafi comunicazioni e rifornimenti tra le truppe – annuncia il contrammiraglio William Gortney – ma non hanno ancora seriamente indebolito il suo esercito: e neppure spinto i capi a rispondere all’appello Usa di abbandonare il raìs. Più che quasi compiuta la missione insomma è appena cominciata. Gli ufficiali Nato che da stasera prenderanno dagli americani la consegna delle operazioni dicono che il blocco aereo dovrebbe durare tre mesi: ma il New York Times rilancia lo scetticismo dei militari Usa che temono un’azione molto più lunga. È proprio questo che l’America rimprovera al presidente premio Nobel per la Pace. Qual è il prossimo passo? E se Gheddafi non molla? Dietro le quinte Obama assicura: le forze Usa non cercano il blitz per farlo fuori. E perché allora si interviene in Libia e non, per esempio, in Siria o Bahrein? «L’America non dovrebbe – e non può – intervenire ogni volta che c’è una crisi in qualunque parte del mondo» mette le mani avanti Barack. Che però qui rivendica la sua missione di fronte «al bagno di sangue che avrebbe destabilizzato l’intera regione». Per spegnere le polemiche il presidente terrà domani sera un discorso in diretta tv. Ma gli osservatori più smaliziati, come Ben Smith del sito Politico, osservano che proprio l’insistenza con cui dice che «la missione funziona» è la prova «che, forse, non stiamo vincendo affatto». «Il nostro ruolo è stato limitato come promesso» sostiene Barack. «I nostri uomini hanno fornito all’inizio le loro capacità uniche». Ma adesso, dice, si tratta di allargare lo sforzo a tutti: arabi compresi. «Così dovrebbe agire la comunità internazionale: con più nazioni e non soltanto gli Usa a sopportare responsabilità e costi di mantenere la pace e la sicurezza». In Libia Obama starà anche vincendo ma ha tanta fretta di passare la mano.
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